Costa cara a due amministratori giudiziari una vicenda relativa alla gestione di un bene confiscato alla cosca Labate. La Procura regionale della Corte dei Conti ha attivato l’azione di responsabilità, confermata adesso con la sentenza di primo grado, per un presunto danno erariale di 131mila euro da risarcire in solido all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Contestata la “mala gestio” della procedura di confisca da parte dei convenuti. Secondo la Procura la condotta illecita dei convenuti consisterebbe nell’avere omesso di risolvere il contratto di locazione di un immobile, nel quale veniva esercitata l’attività di macelleria (cessata definitivamente il 31 dicembre 2005), stipulato dalla ditta individuale confiscata in data antecedente (24 novembre 1995) al provvedimento applicativo della misura di prevenzione. I convenuti, amministratori giudiziari, non solo non avrebbero provveduto tempestivamente alla risoluzione del contratto di locazione ma avrebbero anche lasciato nei locali i beni aziendali e gli arredi, continuando di fatto ad occupare l’immobile. Pertanto, il Tribunale di Reggio Calabria ha condannato l’Agenzia al pagamento della somma di 127mila euro, verdetto al quale è seguita una transazione. I due ex amministratori si sono difesi sottolineando la legittimità del loro operato e in particolare uno dei due ha contestato, oltre alla prescrizione del diritto, anche la circostanza che il debito è stato sistematicamente segnalato al Tribunale nelle relazioni periodiche, appostandolo tra le passività, e che, a seguito della perdita di competitività dell’azienda, in ragione dell’insediamento nella medesima zona di attività economiche simili e delle dimissioni dell’unico dipendente preposto alla vendita, l’amministrazione giudiziaria è stata costretta a cessare l’attività commerciale.
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