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Palmi, la Varia e... le spese folli: il caso di presunta parentopoli

Nessun nome, nessuna replica. A 15 giorni dalla denuncia sulla stampa di 2 dei 6 consiglieri di opposizione - che avevano parlato di «spese folli» sostenute dalla Fondazione Varia di Palmi per l’edizione 2023 - è rimasto in superfice questo nuovo scontro vista la scelta fatta, anche dagli amministratori comunali, di non rispondere a Giancarlo Palmisano e Antonietta Gagliostro. Eppure, le parole usate dai due consiglieri vicini a Lega e Forza Italia – che fra le altre cose avevano rimarcato come sarebbe stato pagato anche «l’incarico a parenti stretti di membri del Direttivo», senza fare i nomi però – si sono trascinate un’infinità di polemiche che, come spesso capita ormai, sono deflagrate nei “pettegolezzi” delle chat della piazza virtuale e nel chiacchiericcio velenoso di quella reale.
Insomma un caso nel caso, questo specifico riferimento a una sospetta parentopoli – dentro la spinosa vicenda dell’organizzazione della Festa patrimonio Unesco, in precedenza portata all’attenzione della Prefettura e della Procura da spezzoni della minoranza – su cui è utile tentare di fare luce. Un tentativo che Gazzetta del Sud ha provato a fare, ponendosi dalla parte dell’opinione pubblica che chiede trasparenza tenuto conto di due fatti inconfutabili: l’ingente massa debitoria ammessa dallo stesso sindaco Giuseppe Ranuccio e, a più di un anno dall’evento culturale popolare più importante della regione, i ritardi nei pagamenti per creditori sempre più agguerriti.
Un doppio chiarimento ancora ritardato e politicamente ora urgente, tenuto conto che tra le doglianze che Palmisano e Gagliostro avevano aggiunto c’era stata pure quella che adombrava l’esistenza di una sorta di metodo amministrativo-finanziario che in nome della Varia potrebbe pregiudicare la tenuta degli altri conti, quelli del Municipio. «Nonostante il disastro prodotto – avevano scritto i due consiglieri – hanno voluto organizzare anche l’edizione 2024, scaricandone i relativi costi in gran parte sul bilancio comunale».
Ma chi sembrerebbero i protagonisti dello scandalo sollevato, senza fare nomi e ricostruire circostanze precise, dai 2 rappresentanti di una minoranza in Consiglio quanto mai spaccata? Dai documenti in nostro possesso, risulta che la Fondazione presieduta da Daniele Laface abbia pagato tra le altre una fattura da 15.000 euro per le prestazioni di Egle Pecora. La giovane free lance è figlia della presidente onoraria dell’ente, la notaia Marcella Clara Reni, conosciuta per aver coordinato le incombenze legali che avevano portato al debutto del sodalizio proprio nell’edizione incriminata.

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