Avevano creato delle società che in gergo vengono definite “utilizzatrici” e “cartiera” per evadere le tasse. I proventi illeciti, poi, venivano “ripuliti” grazie al servizio di un cinese che, dopo avere ricevuto il bonifico su conti in banche del paese del dragone, li “ripuliva” e li riconsegnava ai membri del clan con una trattenuta del 3%. Un metodo che è emerso in molte indagini di diverse Dda e che rispunta anche nell’operazione coordinata, due giorni fa, dalla procura antimafia di Brescia.
Nell’inchiesta sono finite 35 persone ritenute affiliati o concorrenti esterni della cosca Tripodi, famiglia di origine di Sant’Eufemia d’Aspromonte da anni trapiantata nel bresciano. Al centro dell’inchiesta della Dda lombarda ci sono Stefano Terzo Tripodi e suo figlio Francesco e, nel caso del riciclaggio da 106.576 euro, gli indagati Nicodemo Russo e il cittadino cinese Zhao Hanwei.
«L'ipotesi investigativa – si legge nell’ordinanza - indica in Zhao il soggetto che, dopo aver ricevuto le somme oggetto di bonifico da parte di Loris Marraffini e altri provvedeva a restituire in contanti le stesse, previa trattenuta di una propria provvigione pari al 3%. Tale ipotesi trova un primo, rilevante, riscontro probatorio nella captazione ambientale del 29 gennaio 2021 allorquando Stefano Tripodi spiega ai presenti che un suo “paesano” effettua bonifici su conti correnti cinesi e riceva, da una persona di origine cinese presente sul territorio, la restituzione delle citate somme per importi assai ingenti (500.000 euro). In altre conversazioni emergono percentuali (3%) che sono riferite ad un uomo di Milano, con ubicazione in piazzale Loreto».
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