Cadono davanti al Tribunale monocratico le accuse di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, conseguenza di una scontro verbale, quasi un faccia a faccia, tra due detenuti del carcere reggino “Arghillà” ed un agente della Penitenziaria, addetto alla vigilanza e osservazione del reparto “Artemide”. Il Giudice ha concluso per l'assoluzione di entrambi «perchè il fatto non sussiste» respingendo la tesi accusatoria sostenuta dal Pubblico ministero, che al termine della requisitoria aveva chiesto la condanna a 1 anno e 4 mesi di reclusione. Prevale invece la linea difensiva, sostenuta dagli avvocati Fabio Tuscano, Giacomo Iaria, Santo Iaria e Maria Teresa Pratticò, che nelle rispettive arringhe e memorie avevano evidenziato l'estraneità ai fatti dei propri assistititi.
Accusa, conseguenza della relazione di servizio dell'agente parte offesa, pesante: «In concorso con fare minaccioso avvicinandosi all'agente di Polizia penitenziaria toccandolo diverse volte sul corpo con i pugni chiusi gli occhi rossi e digrignando i denti, pronto ad aggredirlo al fianco, inveivano contro lo stesso che invitava alla calma, usando così violenza e minaccia nei confronti del pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni al fine di opporsi ad atto di servizio». Il fatto alle cinque del pomeriggio proprio quando l'agente stava procedendo all'apertura delle camere di pernottamento per consentire l'ingresso dei detenuti in sala socialità. In Tribunale la storia è stata ricostruita attraverso l'acquisizione «in luogo dell'escussione del teste la relazione a firma dello stesso». La divergenza, con qualche parola di troppo volata all'indirizzo dell'agente penitenziario, quando il primo detenuto voleva rientrare in cella. Una situazione che non è degenerata solo grazie all'intervento di un altro detenuto che ha fatto da paciere.
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