Dopo 7 anni il testimone di giustizia Gaetano Caminiti è tornato a chiedere la scorta. Il mezzo usato è un’accorata lettera indirizzata, tra gli altri, al procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e alla presidente della Commissione parlamentare antimafia Chiara Colosimo. Il motivo, come si legge nel documento, è la minaccia di cui è stato oggetto il 13 dicembre scorso, quando un messaggio intimidatorio era stato lasciato sul cruscotto della sua autovettura: «Sei morto, basta una di questa, ti diamo in pasto ai maiali». Una frase accompagnata da un proiettile calibro “7.65”.
Originario di Delianuova, ma da tempo radicato nella frazione Pellaro, dove ha gestito fino a pochi anni fa una sala giochi, Caminiti da trent'anni subisce attentati, intimidazioni, minacce in seguito alle sue denunce, dalle quali sono scaturite anche operazioni di polizia come “Gambling”, “Las Vegas” e “Casco”. In due occasioni hanno tentato di ammazzarlo, sparandogli contro alcune pistolettate che per pura coincidenza l'hanno graziato. Il 68enne, rappresentato dagli avvocati Aurelio e Steve Chizzoniti (con la collaborazione delle avv. Maria Beatrice Saraò e Maria Luisa Bartolo), ha scritto per riavere la scorta ripercorrendo a grandi linee la storia della sua collaborazione con la giustizia formalizzata in «denunce – scrive nella missiva - nei confronti della criminalità organizzata reggina, assumendo quanto mai legittimamente lo status di testimone di giustizia, così come riconosciuto dalle autorità istituzionali nazionali». Una collaborazione costellata «di agghiaccianti atti delittuosi – aggiunge - non soltanto in pregiudizio di beni patrimoniali, ma anche e soprattutto della persona, nel cui contesto spiccano il tentato omicidio consumato in il 12 febbraio 2011, e l’altro attentato alla vita verificatosi il 29 dicembre 2016». A seguito dei «tantissimi… episodi intimidatori consumati» nei suoi confronti «tutti regolarmente denunciati alle Autorità competenti, gli era stata assegnata una tutela di quarto livello e l’assegnazione di una scorra, revocata però per «mancanza di elementi concreti ed attuali in ordine all’esposizione al rischio».
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