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Brancaleone, scafista o “un povero disgraziato”? Mounir, da cinque mesi in carcere

La storia del 23enne senegalese sbarcato a Brancaleone e i dubbi sui “viaggi della speranza”. l legale: «Lui e un minore obbligati con la forza a condurre la barca»

Ma quale scafista, il giovane sudanese è un normale migrante, un povero disgraziato obbligato, dopo aver profumatamente pagato il viaggio verso l’Italia, da un gruppo criminale libico che gestisce da anni il traffico di esseri umani dalla Libia all’Italia, a “condurre” alla meno peggio, senza avere alcuna esperienza di navigazione e mare, una barca a motore con a bordo altri 15 migranti di cui 14 bengalesi». A sostenerlo è l’avvocato reggino Giancarlo Liberati, che da sei mesi si batte con tutte le proprie forze per convincere l’autorità giudiziaria a far uscire dal carcere un 23enne sudanese, Slah Abdullah Mounir, arrestato il 31 ottobre scorso dai carabinieri a Brancaleone (provvedimento di fermo convalidato dal Gip di Locri il 3 novembre) perché considerato uno scafista.

Con un altro sudanese di appena 16 anni, A.M. – rimesso in libertà dopo 20 giorni di carcere minorile in virtù del ricorso presentato (e accolto) dal legale avv. Mario Siviglia – Mounir era partito per l’Italia dopo mesi di “lavori forzati” in terra libica imposti come “pedaggio” del viaggio da bande di trafficanti che controllano i flussi verso la Sicilia e la Calabria. Il 31 ottobre unitamente al connazionale minorenne e a 14 cittadini del Bangladesh, era riuscito, ad approdare con una barca a motore di piccole dimensioni sulla spiaggia di contrada Galati di Brancaleone. Dopo lo sbarco i 16 clandestini furono bloccati dai carabinieri a ridosso della Statale 106. Dopo le prime verifiche i due cittadini del Sudan furono arrestati perché considerati gli scafisti mentre i 14 migranti bengalesi furono trasferiti nel centro di primo soccorso e accoglienza di Roccella Jonica.

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