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'Ndrangheta, colpo alla cosca Labate: 4 arresti per associazione mafiosa a Reggio NOMI

Colpiti da misura cautelare soggetti ritenuti affiliati all'articolazione egemone nel quartiere Gebbione della città

Questa mattina il ROS - con il supporto in fase esecutiva del Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria e dello Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori “Calabria” - coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria diretta dal Procuratore della Repubblica facente funzioni Giuseppe Lombardo, ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di 4 indagati appartenenti  alla cosca Labate, articolazione ‘ndranghetista egemone nella del quartiere Gebbione di Reggio Calabria, indagati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso.

I nomi degli arrestati

Si tratta di Michele Labate cl.56 (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere), Francesco Salvatore Labate cl.66 (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere), Paolo Labate cl.85 (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere) e Antonino Laganà cl.71 (destinatario della misura degli arresti domiciliari).

Indagine del ROS avviata nel 2019

I provvedimenti scaturiscono da un’articolata indagine del ROS, avviata nel 2019, che ha consentito di documentare:
- gli assetti della cosca, riattualizzandoli, nel periodo successivo gli arresti eseguiti nella precedente indagine “Heliantus”, rispetto al quale il presente procedimento si è posto quale logica prosecuzione, mettendo in luce come il sodalizio abbia mantenuto inalterata la peculiare pervasività sul tessuto economico della zona di influenza, consentendo di individuarne - quanto meno in termini di gravità indiziaria e ferma la presunzione di innocenza valevole sino al passaggio in giudicato dell’eventuale sentenza di condanna - il vertice negli arrestati Michele Labate e Francesco Salvatore Labate, in virtù dello stato di restrizione dei fratelli Antonino Labate cl.50 e Pietro Labate cl.51, ritenuto da sempre capo carismatico del sodalizio;

- il pervasivo controllo del territorio esercitato da Michele Labate il quale, per ridurre i rischi di esposizione alle indagini delle forze di polizia, ha organizzato una ben congeniata rete di comunicazioni attraverso incontri riservati presso luoghi ritenuti sicuri, utilizzando fidati fiancheggiatori per “schermare” gli appuntamenti;

- la pressione esercitata dagli indagati sugli operatori economici del territorio di riferimento che subivano sistematiche azioni vessatorie, volte all’imposizione di prodotti alimentari e al pagamento di proventi estorsivi. In tale quadro, Paolo Labate cl.85 - anche per conto del padre Michele, durante il periodo di carcerazione - ha mantenuto rapporti con gli imprenditori legati alla cosca da occulte sinergie, agevolando e coordinando l’infiltrazione in lucrosi settori di espansione economica tra cui quello della grande distribuzione alimentare;

- la disponibilità da parte dei fratelli Michele e Francesco Salvatore Labate di fidati collaboratori, tra cui è emerso Antonino Laganà, soggetto deputato a veicolare messaggi ed ambasciate, riscuotere proventi estorsivi, eseguire azioni ritorsive e mantenere rapporti con i rappresentanti della comunità Rom al fine di consentire alla cosca il controllo sulla microcriminalità operante sul territorio.

 

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