
Sono state confermate in appello, a Torino, le due condanne a trent'anni di reclusione inflitte in primo grado per un omicidio avvenuto nel 2004 a San Mauro Torinese, che si rivelò essere l’epilogo di una vendetta di 'ndrangheta lunga 40 anni. A perdere la vita fu Giuseppe Gioffrè, pensionato 77enne ucciso a colpi di pistola nel giardinetto pubblico davanti alla propria abitazione. Negli anni Sessanta, l’uomo gestiva a Sant'Eufemia di Aspromonte (Reggio Calabria) una rivendita di alimentari che disturbava le attività commerciali di un clan locale, e durante un litigio provocò la morte di due persone. Mentre scontava la pena in carcere gli furono uccisi la moglie e il figlio.
Nel 1976, una volta tornato in libertà, si trasferì in Piemonte, si risposò e trovò un lavoro. Ma nel 2004 cadde vittima dell’agguato. Pochi mesi dopo scattò l’arresto di un primo sospettato, al quale furono inflitti 21 anni di reclusione. Nel 2022 le indagini furono riaperte; i carabinieri si servirono di nuovi sistemi informatici e fecero sottoporre al test del Dna delle tracce presenti su una bottiglietta trovata vicina a un’auto che i killer avevano dato alle fiamme. Si arrivò quindi all’arresto di Paolo Alvaro e di Giuseppe Crea, di 60 e 47 anni, per i quali oggi è stata pronunciata la condanna anche nel secondo grado di giudizio. Secondo quanto ricostruito, nel 1964 un parente si avvicinò al corpo senza vita di una delle due persone uccise da Gioffrè e ne bevve il sangue: un gesto che simboleggiò la promessa di una vendetta.
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