
Il Comando Provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria ha dato esecuzione a una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, divenuta irrevocabile a seguito di pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, con la quale è stata disposta la confisca definitiva di beni, per un valore complessivo di oltre 21 milioni di euro, nei confronti di appartenenti a un gruppo imprenditoriale reggino contiguo alla ‘ndrangheta.
Un provvedimento ablativo che porta definitivamente a conclusione l’istruttoria che, già nel 2020, aveva condotto a un primo sequestro patrimoniale disposto dal Tribunale di Reggio Calabria - Sezione Misure di prevenzione, su proposta della locale Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia, sulla scorta di quanto riscontrato nell’ambito di apposita attività d’indagine del Gruppo della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e nel corso dell’operazione “Heliantus” (eseguita sempre nel 2020).
Le risultanze investigative hanno fatto emergere la contiguità del gruppo imprenditoriale soprattutto con la cosca Labate, operando nel settore del noleggio di slot machines, degli strumenti per la pratica di giochi on-line e della gestione dei centri di raccolta scommesse.
La compagine aziendale, venendo a patti con la consorteria criminale, si è imposta sul territorio in posizione dominante, sfruttando la protezione del sodalizio per affermare l’attività imprenditoriale nel settore, incrementando così i profitti.
E ciò anche attuando condotte delittuose nella gestione delle società, quali la concessione abusiva di linee di credito ai clienti, l’esercizio del gioco illegale e le estorsioni aggravate dal metodo mafioso (come nel caso in cui, nel 2012, era stata messa una “bombetta” per costringere un debitore a onorare un pagamento di 60 mila euro).
I destinatari della misura patrimoniale nel 2009 avevano ereditato, con il favore della sponsorizzazione criminale della ‘ndrangheta, la grossa fetta di mercato in precedenza gestita da un altro imprenditore reggino - noto come il “re dei videogiochi” - poi condannato definitivamente nel 2014 per diversi reati aggravati dal metodo mafioso, nonché colpito nel 2015 da misura di prevenzione personale e patrimoniale in quanto indiziato di “appartenenza mafiosa”. Da quel momento in poi gli utili delle società riconducibili agli stessi proposti hanno subito un’impennata improvvisa, generandosi ulteriore ricchezza alla base dell’espansione anche in territorio milanese.
Tale quadro probatorio è stato ulteriormente suffragato da plurime dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia di rilevante spessore - ritenuti di solida affidabilità nelle competenti sedi giudiziarie - che hanno confermato gli stretti legami degli imprenditori sottoposti a confisca con esponenti della cosca Labate, preposta alla gestione di plurime attività illecite, tra cui quelle legate ai giochi e alle scommesse, soprattutto nei quartieri Gebbione e Sbarre.
Sono emersi, tra l’altro, rapporti con un esponente dell'organizzazione criminale che riceveva regolari corresponsioni di denaro da una impresa senza svolgere alcuna attività lavorativa per conto della stessa, nonché con un secondo soggetto che, nell’interesse del gruppo imprenditoriale e della consorteria di appartenenza, si incaricava di varie mansioni, dal recupero crediti - anche con modalità estorsive - a servizi di “polizia privata” in caso di piccoli furti di denaro presso sale scommesse o da gioco.
E’ stata ritenuta, perciò, sussistente la pericolosità sociale dei destinatari della misura (uno dei quali deceduto nel corso del giudizio di primo grado), in quanto “imprenditori collusi con la ‘ndrangheta in grado di gestire in posizione paritaria rapporti in interscambio con le locali cosche di criminalità organizzata” e attesa la loro dedizione alla commissione di delitti sia di natura estorsiva, sia in materia di esercizio abusivo del credito e dell’attività di giochi e scommesse.
In proposito, l’indagine patrimoniale svolta dal Gruppo della Guardia di finanza di Reggio Calabria ha fatto emergere un compendio patrimoniale direttamente nella disponibilità dei componenti del citato gruppo imprenditoriale, il cui valore è risultato decisamente sproporzionato rispetto alle loro capacità reddituali manifestate.
Alla luce ciò, dapprima la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro di prevenzione del patrimoni. Tale provvedimento è stato poi confermato dalla successiva sentenza emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria (fatta eccezione per 4 immobili), divenuta irrevocabile a seguito di pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, con la quale è stata, pertanto, disposta la confisca definitiva su tutto il patrimonio già in sequestro, costituito da 4 beni immobili (abitazioni e terreni), 7 società e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo stimato in oltre 21 milioni di euro.
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