
Quindici in carcere e tre ai domiciliari. In totale diciotto arresti: è il risultato di una operazione dei carabinieri di Reggio che, affiancati dalle Stazioni territorialmente competenti e da altri reparti dell'Arma, hanno eseguito l'ordinanza emessa dal GIP di Reggio Calabria su richiesta della locale Procura. Contestata l'associazione dedita al narcotraffico, oltre a numerosi reati in materia di stupefacenti, armi e una ipotesi estorsiva. Nel complesso gli indagati sono 25.
Gl indagati sono:
ARDORE Kevin Andrea, nato a Reggio Calabria il 01.10.2003
ARDUCA Marianna, nata a Reggio Calabria il 28.02.1990
BADONI Erzelio Ivan, nato a Reggio Calabria (RC) il 03.11.1995
BEVILACQUA Luca, nato a Reggio Calabria il 21.06.1983
CARELLA Massimiliano, nato a Reggio Calabria in data 06.04.1976
CATANIA Francesco, nato a Gioia Tauro il 04.12.1989
CHERELLA Vincenzo, nato a Caserta il 18.12.1993
CRISTIANO Filippo, nato a Reggio Calabria in data 06.12.1989
GIUSTRA Antonio, nato a Reggio Calabria il 01.05.1989
IANNO' Domenico Alessandro, nato a Reggio Calabria in data 15.12.1977
LIZZARDO Andrea Vincenzo, nato a Reggio Calabria il 26.09.2003
MBAE' GRILLONE Lorenzo, nato a Reggio Calabria il 10.04.2002
MERCURIO Rocco, nato a Reggio Calabria il 20.09.1981
MINNITI Alessandro, nato a Reggio Calabria il 23.10.2000
MODAFFERI Orazio Antonino, nato a Reggio Calabria in data 15.04.2005
MORELLI Domenico, nato a Reggio Calabria il 09.06.1983
QUATTRONE Angelo, nato a Reggio Calabria il 06.01.1970
RACO Emilio, nato a Reggio Calabria in data 28.04.1998
RACO Francesco, nato a Reggio Calabria il 17.12.1993
RACO Raffaella, nata a Reggio Calabria l'11.04.2001
SANTACATERINA Giovanni, nato a Reggio Calabria il 31.03.2002
SEVERELLI Giovanni, nato in Svizzera il 13.11.1979
SKURZYNSKI Sebastiano Oscar, nato a Polistena il 26.01.1998
TEGANO Giovanni, nato a Melito Porto Salvo (RC) il 25.03.1996
TRIPODI Giorgio, nato a Reggio Calabria in data 18.07.1993
Il nipote del boss di Archi gestiva l'associazione
L'indagine, avviata nel giugno 2023 e conclusa nel maggio 2024, si è concentrata su un'attenta e continuativa attività di osservazione e monitoraggio del quartiere di Catona, periferia nord della città. Durante diversi servizi di pattugliamento del territorio, i militari avevano avuto modo, in più occasioni, di notare movimenti anomali nella zona, in prossimità dell'abitazione di colui che è stato ritenuto nell'ordinanza custodiale, allo stato degli atti, il capo dell'associazione in questione (soggetto per altro nipote di un esponente apicale della ndrangheta di Archi). L'installazione di un sistema di videosorveglianza e lo svolgimento di plurime attività di riscontro ha condotto all'individuazione di un embrionale gruppo di soggetti dediti al traffico di sostanze stupefacenti. L’indagine è stata supportata dall’utilizzo di intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche e di videoripresa, nonché di numerosi sequestri di sostanze stupefacenti, strumentali allo svolgimento dell’attività di spaccio.
Base a Catona, ramificazioni in tutto i Reggino e oltre
Il Gip ha riconosciuto la gravità indiziaria in ordine all’esistenza di un’associazione finalizzata al narcotraffico, composta da 15 soggetti, tra gregari e esponenti di vertice, avente base operativa nel quartiere di Catona di Reggio Calabria, con ramificazioni anche in altre località del territorio reggino e con contatti nella piana di Gioia Tauro e nella vicina Sicilia, in grado di «istituire una solida attività imprenditoriale dedita alla vendita di varie tipologie di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana, hashish), anche con il coinvolgimento, in qualità di venditore, di un soggetto minorenne», che forniva gli stupefacenti anche a consumatori minorenni.
I contatti del capo e gli immobili abbandonati come deposito
Nel provvedimento cautelare, il Gip ha evidenziato come «i membri della consorteria si fossero attrezzati per gestire, in modo professionale, il business degli stupefacenti, assicurandosi le forniture necessarie tramite i contatti vantati dal loro capo nell’ambiente criminale, non solo reggino ma anche della Piana di Gioia Tauro; forniture che venivano, poi, custodite presso appositi immobili abbandonati e appartamenti presi in locazione dagli associati, divenendo le basi logistiche del sodalizio e punto di riferimento per i numerosi assuntori di sostanze stupefacenti».
La piantagione di canapa scoperta dagli inquirenti
Gli inquirenti, ancora, hanno scoperto una piantagione di canapa indica nel quartiere di Catona, della quale gli indagati curavano le diverse fasi di approntamento, raccolta e lavorazione. Circa 400 piante, già defogliate, e 25 piante ancora in fase vegetativa, oltre ad un deposito utilizzato come laboratorio per la lavorazione e il confezionamento dello stupefacente.
Gli affari gestiti dal carcere con l'aiuto della famiglia
Secondo i risultati dell’indagine, i proventi dell’attività di vendita dello stupefacente erano ripartiti tra gli indagati secondo le disposizioni fornite dal capo del sodalizio, il quale provvedeva, altresì, al sostentamento di uno dei suoi sottoposti, dopo che questo era stato arrestato in quanto trovato in possesso di cospicue quantità di diverse tipologie di stupefacenti, a disposizione del gruppo. Il presunto capo dell’organizzazione criminale, pur ristretto in carcere, continuava a impartire direttive in merito all’organizzazione dell’attività illecita, avvalendosi, a tal fine, della mediazione dei propri familiari nel corso dei colloqui in carcere.
Un sistema di vedette a protezione del capo
Il Gip, inoltre, ha sottolineato «come l’associazione in questione si mostrasse ben radicata nel quartiere di Catona, sul quale esercitava un penetrante e diffuso controllo del territorio, tramite un sistema di vedette che, posizionate nei pressi dell’abitazione del capo, sorvegliavano le strade limitrofe in modo da garantire la sicurezza e l’impunità dei sodali dediti all’attività di spaccio, nonché tramite una serie di avvisaglie telefoniche ogni qualvolta qualcuno degli indagati si avvedeva della presenza di forze di polizia in zona».
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