La pioggia bagna l'abbraccio della città alla sua patrona. Reggio accompagna la sacra effige nella discesa dall'Eremo al Duomo. Come sempre, i reggini affidano speranze e preoccupazioni alla Madre Celeste, a chi nel corso dei secoli ha sempre rappresentato una guida sicura. Tra epidemie e conflitti il volto rassicurante della Madonna ha consolato e riacceso speranza. La stessa speranza che si spera possa donare oggi. La città pare aver smarrito la sua identità, il suo senso di appartenenza in una escalation di abbrutimento in cui non c'è rispetto per gli spazi pubblici e per tutto ciò che è condivisione.
Su questa ondata di assuefazione al degrado, il ritorno della Madonna in città si spera possa far riaffiorare tra i reggini il senso civico, forse perduto, la sete di riscatto assopita. Che possa lavare il cuore incattivito di una città che sembra non ricordarsi di essere anche comunità.
Proprio dietro al Quadro cominciano ad accorciarsi le distanze. Davanti all’immagine della Madonna si è tutti uguali. Allo stesso modo ci si commuove. Un’emozione che migliaia e migliaia di reggini provano da secoli secondo un copione che resta immutato e che suggella la fede granitica per la Madonna della Consolazione. Fede che prende forma nelle lunghe ali che seguono il percorso del Quadro. Dalla mattina presto quando dopo l’ultima messa celebrata da mons. Nunnari con un pensiero speciale rivolto ai portatori, la Madonna fa la sua apparizione sul sagrato dell’Eremo. La città si è svegliata ai piedi del santuario per spalancare le braccia nel caldo abbraccio. E nemmeno la pioggia che per un tratto ha accompagnato il percorso della Vergine ha scoraggiato i fedeli. Pochi gli ombrelli aperti, si sta sotto l’acqua con una certezza a cui tutti davano voce: la Madonna farà spiovere presto. E così è stato. La Patrona dopo aver sostato in prossimità dei luoghi in cui si combatte ogni giorno nelle corsie per difendere la vita, davanti alla sede del Consiglio regionale, dove il presidente Irto ha consegnato un simbolo floreale e rinnovato la devozione dei calabresi, è arrivata tra una folla bagnata alla piazza della Consegna, dove i Cappuccini affidano ufficialmente la Venerata effige all’Arcidiocesi. Momento attorno a cui si stringe il mondo istituzionale, in cui l’arcivescovo mons. Giuseppe Fiorini Morosini ha lanciato il suo messaggio alla città, più che a Reggio al Paese. Un invito all’accoglienza e un ripudio alla xenofobia «terribile parola che significa odio contro lo straniero e il diverso. La paura degli stranieri, degli immigrati ed il conseguente odio nei loro confronti, è una condizione di vita che non ci appartiene, né come italiani, né come calabresi; noi che, per tradizione e cultura, abbiamo sempre trattato chi è “diverso da noi” con rispetto e amore, con tutto l’aiuto di cui siamo stati capaci e riconoscendo nel suo volto, quello dello stesso Gesù, che ha detto: “ero straniero e mi avete accolto; nudo e mi avete vestito..”».
Un messaggio che cristallizza le vicende politiche nazionali, in cui il presule ringrazia «la Caritas diocesana e tutte le altre associazioni di volontariato, che hanno collaborato con abnegazione e senza mai risparmiarsi, per questi fratelli sfortunati; le autorità civili e le forze dell’Ordine per il delicato e prezioso servizio di accoglienza di quanti sono sbarcati sulle nostre coste e nel nostro porto», mette l’accento «sull’impegno legittimo a correggere tutti gli errori, le storture e gli inganni del fenomeno migratorio degli anni passati, se mai esistiti, non può giustificare l’ondata di xenofobia che sta invadendo l’animo di tanti italiani ed europei». Quindi l’appello: «Miei cari non lasciamoci suggestionare da subdoli ragionamenti semplicistici; non lasciamoci prendere da eccessive paure. Usiamo di più la ragione, la fede e la morale cristiana. La xenofobia non è né ragionevole né cristiana. Non lasciamoci ingannare da chi vuol giustificare questa vergognosa caccia allo straniero come impegno a salvaguardare i valori cristiani. Davanti alla Madonna vi dico, con la forza della fede: questa è una menzogna diabolica. Quando per difendere la nostra identità – incalza il presule – diventiamo aggressivi e ci chiudiamo a chi è diverso da noi, vuol dire che la paura ha già attanagliato il nostro cuore e che la nostra identità - di uomini e di cristiani - si è indebolita, perché ha smesso di aprirsi all’incontro, reciproco e sempre arricchente, con l’altro. Non dimentichiamo che anche la Madonna è stata profuga in Egitto. Lei ci insegna cosa significa essere accoglienti e ci esorta a maturare questo spirito, educando le nuove generazioni». Un messaggio salutato da tiepidi applausi.
La processione ha seguito spedita il suo percorso di sempre, sotto il sole diventato cocente, ha attraversato il salotto della città e per un tratto il vescovo ha voluto condividere con i portatori il peso della vara. Alle 11.45 tutto è pronto per la spettacolare entrata in Cattedrale dove si leva al cielo l’urlo dei reggini: «È griramulu cu tuttu u cori ora e sempri viva Maria».
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