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«La Restanza? È relazione fra chi parte e chi rimane». Vito Teti al festival del Mediterraneo di Reggio

È paradossale quanto il termine “Restanza” apparentemente connesso con il concetto di staticità possa invece caricarsi di un dinamismo fecondo e foriero di sviluppo possibile. Lo hanno ben compreso i partecipanti alla seconda serata di “Spettacoli nella natura”, il festival di autori, arte e musica del Mediterraneo organizzato al Parco Ecolandia, ascoltando l’antropologo Vito Teti durante la presentazione del suo saggio “La Restanza” edito nel 2022 da Einaudi.

«Ecolandia è un luogo riabitato – ha esordito il giornalista Giuseppe Smorto nel suo dialogo con l’autore –. Qui dove un tempo c’erano bracconieri e corse clandestine di cavalli oggi si condividono progetti di sviluppo».

Come lo dimostra la stessa sala “Giuseppe Spinelli” in cui si è svolto l’incontro: l’unico esempio in Calabria di costruzione confiscata a una cosca di ‘ndrangheta, smontata pezzo per pezzo dal litorale sul quale era stata costruita abusivamente come lido e rimontata in altro luogo – il Parco comunale presente nella frazione periferica di Arghillà appunto – per restarci come Bene Comune.

Un bene immobile che diventa… mobile grazie alla capacità visionaria di un gruppo di persone che si scopre comunità ed è capace di trasformare un sogno in un progetto. È la mancanza di questa capacità visionaria e lungimirante che lo studioso di San Nicola da Crissa (VV) rimprovera alla classe politica colpevole di essere «stupida e priva di idee». Un giudizio drastico frutto delle riflessioni maturate osservando la natura che lo circonda: «Noi abbiamo un’idea statica della terra. Invece la terra ha un suo sentimento. Entra in gioco con noi e forse ha pensato negli ultimi secoli che non siamo dei buoni abitatori. Non capiamo che siamo tanti, dagli animali alle piante, ai fiumi, alle acque. Dovremmo avere un atteggiamento di rispetto e di cura per tutto quello che ci sta intorno». Questa connessione con l’organismo Terra e tutte le sue declinazioni vitali dovrebbe essere il pensiero di partenza e di arrivo delle nostre azioni e delle nostre decisioni, ma così sembra non essere.

«Quando da giovane vedevo tantissima gente partire, assistevo anche alla sofferenza e al dolore di chi restava». C’era una doppia nostalgia: di chi andava via e di chi si fermava. «Oggi vivo in un paese spopolato, lo stesso che ho visto ricco e vitale e questo mi fa sentire spaesato».
La situazione dei paesi interni è veramente disperata «perché si perdono dei presìdi di civiltà e dei presìdi ecologici e si svuota una storia millenaria come quella della Calabria». Che fare dunque? «Resta una funzione di resistenza e di opposizione a certi processi in atto» da realizzare in collaborazione: «Non c’è opposizione ma relazione fra chi parte e chi resta». Lo ribadisce anche Smorto, forte della sua esperienza di giornalista in movimento tra Reggio, Roma e adesso Palermo con la nuova avventura dell’app “Sallo!”: «Abbiamo bisogno di persone che tornano ma ancora di più abbiamo bisogno di persone che girano». Puntualizza Teti: «più che di distanza nord-sud è quella tra zone interne e metropoli a preoccuparmi».

Si torna così al punto di partenza: condividere un’idea per costruire un progetto proiettato nel futuro. E qui servirebbe una classe politica capace di «piantare alberi» i cui frutti possano essere raccolti da generazioni che verranno. Magari fra cento anni.

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