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Festival di Palmi: con Moni Ovadia a ridere e lottare per un mondo umano

Tra Eschilo e umorismo yiddish, con le musiche di Vaggelis Merkouris

Moni Ovadia ed il sogno della democrazia che ha il volto autentico della giustizia; di un mondo dove il principio di uguaglianza sia declinato nella dignità e dove i vaccini che salvano l'umanità possano essere gratis, come quelli che hanno sconfitto la poliomielite. Questo, e molto altro, ha rappresentato l’eclettico autore di capolavori come «Oylem Goylem» con il suo «Una risata vi seppellirà (forse)» nella serata conclusiva del Festival Nazionale di Diritto e Letteratura “Città di Palmi”, ideato dal giudice Antonio Salvati, giunto alla sua decima edizione.

Al teatro Manfroce di Palmi, la gente venuta da ogni angolo della Calabria ha attraversato, insieme a Moni Ovadia, il mondo e le sue tante contaminazioni. Proprio quelle per cui Vaggelis Merkouris, che col liuto ha fatto da contrappunto musicale, ammette: «Non esiste una musica greca ma esistono i greci che hanno cambiato il mondo e sono stati cambiati dal mondo». Riecheggiano in questa affermazione i cori delle Supplici di Eschilo, tragedia da Moni Ovadia mirabilmente diretta qualche anno addietro al teatro classico di Siracusa, dove l’euforia del coro era strumento di pathos ma nello stesso tempo di libertà.

Il viaggio è nel rapporto tra umorismo, satira e democrazia; tra passi dell’Antico Testamento, autori e filosofi della cultura yiddish fino a fulminanti considerazioni sull’attualità. Ovadia lo percorre con quello stile diretto che lascia poco spazio alle interpretazioni per andare al cuore delle cose; piaccia o non piaccia, è la fotografia di ieri, di oggi ed anche quella di domani.
«Non vedo nulla di promettente nel futuro perché manca la forza della ribellione e ci si dimentica che le grandi conquiste sono state ottenute con la lotta».

E sono tanti i ponti da attraversare lungo quell’umanità che si è formata grazie alle emigrazioni; come nel caso della lingua yiddish degli ebrei dell’ Europa orientale. «È un capolavoro di lingua maturata a seguito dell’esilio; una lingua non di radici ma di cammino; che glorifica l’esilio stesso e commuove perché non è nazionalista, intessendo in sé elementi umoristici spesso in forma interrogativa».

Il ruolo salvifico ed eretico della risata nella cultura ebraica stimola l’intervistatore Salvati, abile soprattutto nel tenere fede al tema della democrazia, che è quello della decima edizione del Festival, calandolo nell’esperienza del popolo ebraico che diventa paradigmatica per comprendere i limiti del concetto stesso di democrazia. «Il rapporto tra uomo e Dio risiede in un patto e nel mondo ebraico e tutti devono rispettarlo; questo è un esempio grandioso di democrazia che è qualcosa di molto serio ma anche molto difficile per chi governa; il Parlamento dovrebbe essere “la casa di vetro” ma molti ignorano che l’articolo uno della Costituzione italiana riconosce la sovranità alla stessa Costituzione e nemmeno al popolo».

Ma la democrazia può allentare il processo decisionale? «Il problema non è questo ma è fare ciò che è giusto; un passo importante è stato nel dicembre 1948 la proclamazione della Dichiarazione dei diritti universali dei popoli». Ed ancora, l’umorismo ebraico “spariglia” il principio di causalità; il Festival che unisce diritto e letteratura in una formula innovativa di contaminazione dei saperi, si interroga anche sul concetto di certezza così caro ai giuristi. «Ho grande rispetto per i giuristi – dice Ovadia – e credo che in un momento così importante quale quello di una decisione da prendere, non possa esserci nessun trionfalismo; inoltre, anche il peggiore dei criminali ha diritto ad un processo equo e nella carcerazione la dignità di essere umano deve essere sempre salvaguardata».

Le ultime emozioni sono per i sussulti mediterranei del liuto di Vaggelis Merkouris, che ha tanta Calabria nel cuore, mentre il fondatore del festival, Antonio Salvati, ringrazia così la squadra che gli è stata accanto: «Il bello del nostro Festival è che si entra come ospiti e si esce come amici».

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