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Villa San Giovanni studia l’impatto del Ponte sullo Stretto

”Viaggio” nelle zone interessate da espropri e demolizioni: sotto i riflettori il progetto definitivo trasmesso dalla società

Villa San Giovanni sta giocando una partita a poker con il proprio destino. Perché se il Ponte sullo Stretto dovesse essere costruito veramente, la città così come la si conosce non esisterebbe più. Cosciente dell’importanza della posta in gioco è la sindaca Giusy Caminiti. Eletta quando il progetto del collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto non era in agenda, la prima cittadina e la sua amministrazione si sono trovati a gestire una vera e propria bomba, che sta portando via energie e tempo e che potrebbe stravolgere la cittadina per i prossimi due lustri, se tutto va bene. Secondo i dati forniti dal Governo Meloni, i cantieri per la grande infrastruttura dovrebbero essere aperti per almeno 10 anni. Una tempistica che non tiene conto di ritardi probabili e, soprattutto, di una comunità di 14mila abitanti costretta a vivere per almeno un decennio in una città spezzata in due e trasformata in un grande cantiere. Da giorni, intanto, impazza la discussione sugli espropri. Sono coinvolti circa 150 immobili, tra case e condomini, che dovrebbero essere abbattuti. Le prime critiche si sono levate sia dai diretti interessati che da un’ampia fetta di popolazione che, nella giornata di venerdì scorso, impegnata in due assemblee pubbliche tenute in città per dire di “no” al Ponte. La prima cittadina, insieme alla sua amministrazione, ha assunto una posizione “istituzionale”, decidendo di analizzare carte e progetti prima di esprimersi in via definitiva sull’opera.

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