La Città di Villa San Giovanni (RC) e la Città Metropolitana di Reggio Calabria hanno notificato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e a tutti i ministri interessati, alle Regioni Calabria e Sicilia, alla controinteressata proponente il ricorso per chiedere al Tar Lazio l’annullamento del parere della Commissione VIA del ministero dell’Ambiente «per vizi di legittimità ed eccesso di potere in ogni sua forma», sollevando dubbi di costituzionalità sulla decretazione d’urgenza del DL Ponte e del DL Infrastrutture.
«Le due amministrazioni - si legge in una nota a firma del sindaco di Villa, Giusy Caminiti, della giunta e del gruppo consiliare "Città in movimento" - congiuntamente sin dall’avvio della procedura avevano chiesto ai due ministeri competenti (MASE e MIT), di sospendere la procedura in attesa di studi tecnici specifici, evidenziando le lacune progettuali tali da non rendere possibile un giudizio di merito dello stesso, evidenziando tra l’altro il rischio incompiuta legato alla cosiddetta «realizzazione per fasi costruttive progressive».
Una richiesta al MIT (14 e 31 maggio 2024) che continua ad essere valida, - si fa rilevare ancora - considerato che le Amministrazioni ad oggi non hanno alcuna conoscenza dell’incidenza diretta del progetto sul territorio comunale e metropolitano. I territori hanno il diritto di avere garanzie e certezze, hanno l’obbligo di tutelare ambiente e paesaggio e di difendere i diritti dei cittadini, hanno il diritto e il dovere di governare le fasi di cambiamento».
Il parere della Commissione VIA pubblicato il 19.10.2024 «rileva - si sottolinea - la non ottemperanza delle prescrizioni poste nel 2003 al progetto preliminare e pone 62 prescrizioni all’attuale definitivo aggiornato che confermano tutte le eccezioni sollevate dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria nell’aprile scorso e dalla Città di Villa San Giovanni fino al 13 ottobre, soprattutto circa la carenza di studi di dettaglio specifici, progetto di cantierizzazione e progetti di risoluzione delle interferenze. Nel ribadire una posizione già espressa, non ideologicamente orientata ma protesa esclusivamente alla tutela del territorio e alla difesa dei diritti dei suoi abitanti (precipuamente quelli degli espropriandi), le due amministrazioni hanno attentamente valutato dal punto di vista giuridico e tecnico - prosegue il comunicato - il parere espresso dalla commissione VIA VAS, addivenendo alla conclusione che lo stesso non dà garanzie, finendo per rinviare ogni valutazione di compatibilità ambientale di questo progetto ad un giudizio di ottemperanza previsto per la maggior parte delle prescrizioni «prima della presentazione della progettazione esecutiva"».
Secondo i ricorrenti «la mancata esecuzione della VAS trascura colpevolmente tale prescrizione. Il progetto definitivo aggiornato ed esitato dalla Commissione VIA VAS, secondo la normativa vigente e il Dl.gvo 50, non assurge da alcun punto di vista (tecnico-progettuale, economico, ambientale, paesaggistico) a livello di progettazione definitiva. Preoccupano gli enti, nel merito, la mancata previsione di un monitoraggio continuo - prima, durante e dopo l’eventuale realizzazione del ponte - della qualità dell’aria, l’erosione costiera e la mancanza di interventi di ripascimento; la mancanza di regolamentazione e rigenerazione degli elementi identitari dell’area dello Stretto. Un’area che non deve essere snaturata dall’opera ponte, ma tutelarla nel suo patrimonio storico, ambientale e culturale e gli enti rappresentativo dei territori non possono essere soggetti passivi di interventi che modificherebbero in maniera sostanziale e definitiva l’Area dello Stretto. Tutela del paesaggio quale valore costituzionale, tutela degli espropriandi, paventato rischio di un’eterna incompiuta con ricadute nefaste inimmaginabili per la sopravvivenza dello stesso tessuto sociale metropolitano, sono le ragioni squisitamente politiche della decisione assunta, considerato che il parere espresso dalla Commissione VIA VAS presenta profili di dubbia costituzionalità, vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, e dunque, occorre, tutelare gli interessi della città di Villa San Giovanni come comune su cui impatta completamente l’opera Ponte e gli interessi della Città Metropolitana di Reggio Calabria e dell’Area dello Stretto. Sappiamo esserci larga convergenza amministrativa e politica sulla posizione espressa, soprattutto - conclude la nota - sappiamo esserci su ciò la convergenza delle nostre comunità che vogliono essere protagoniste di ogni decisione di sviluppo di questo territorio straordinario».
Questa considerazione, è scritto, «trova conferma nell’impugnato parere, dal momento che gli approfondimenti e le integrazioni documentali richieste nella procedura di Valutazione di impatto Ambientale presuppongono l’esecuzione di analisi e indagini di campo, sia per il versante Sicilia che per il versante Calabria, che non sono mai state effettuate; l’esigenza «di svolgere nel modo più accurato ed approfondito le integrazioni richieste dalle Autorità competenti nell’ottica di dare piena ed effettiva promozione al valore ambiente» è rimasta solo un buon proposito ma nulla di più rispetto alla relazione di aggiornamento del progettista che non poggia su dati scientifici ulteriori».
Con specifico riferimento alla Città di Villa San Giovanni, «è provata l’esistenza di una faglia attiva e capace denominata «Cannitello» sotto le fondazioni dei pilastri lato Calabria con prescrizione della «Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale» di eseguire nuove indagini che pongono ulteriori perplessità sulla fattibilità dell’opera (normativamente la progettazione definitiva deve chiarire ogni aspetto di questo tipo in maniera certa), studi specifici e di dettaglio ed approfondimenti preliminari completi su tutte le faglie attive e capaci presenti nell’ambito in oggetto. Idem rispetto al problema dell’erosione costiera, non valutata e carente di studi specifici; manca qualunque analisi delle previsioni dei documenti di pianificazione, in contrasto con la puntale prescrizione n.1 della Delibera CIPE del 2003 di approvazione del progetto preliminare in base alla quale il progetto definitivo dovrà essere sviluppato in modo che, ferma la predetta localizzazione, si pervenga alla massima possibile compatibilità con le strategie ed i piani di sviluppo con i quali è destinato ad interagire».
Anche gli ambientalisti ricorrono al Tar contro il Via sul Ponte
Anche Legambiente, Lipu e Wwf Italia hanno notificato il ricorso al Tar Lazio «contro il parere favorevole con prescrizioni» sulla Valutazione d’Impatto Ambientale riguardante il Ponte sullo Stretto di Messina, «nonostante il parere negativo» della Valutazione di Incidenza. Lo rendono noto le tre associazioni, spiegando che nel ricorso «si evidenzia l’illogicità» del parere rilasciato dalla dalla Commissione VIA che presenta «importanti carenze di analisi». Secondo Legambiente, LIPU e Wwf Italia «la valutazione d’incidenza negativa pregiudica il parere positivo rilasciato, mentre le analisi e gli approfondimenti richiesti - in particolare su mitigazioni e compensazione - si sarebbero dovuti presentare già con il progetto definitivo essendo irragionevole chiederli per il progetto esecutivo dopo l’affidamento per la realizzazione dell’opera». Il Ponte sullo Stretto di Messina «rimane un progetto dall’impatto ambientale gravissimo e irreversibile, non mitigabile né compensabile», affermano le tre associazioni facendo presente che lo «ammette» la stessa Commissione Via che, relativamente alla Valutazione d’Incidenza , evidenzia: «Le medesime analisi del proponente conducono a ritenere che per alcuni siti della Rete Natura 2000 non è possibile concludere che il progetto non determinerà incidenze significative, ovvero permane un margine di incertezza che, per il principio di precauzione, non permette di escludere effetti negativi su detti siti».
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