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Dalla toga alle vigne in Calabria, la viticoltrice dell'anno è di Bianco

Arriva da Bianco la storia di Antonella Lombardo, un'avvocatessa che ha scelto di percorrere la difficile strada dell'imprenditoria vitivinicola riscoprendo tradizioni secolari che l'hanno portata a vincere il premio Gambero Rosso “Viticoltrice dell'anno” nella nuova guida 2021.

Quando a Milano svolgeva la professione forense ha cominciato a frequentare un corso per sommelier, appassionandosi ai vini che poi ha imparato a conoscere visitando le cantine in giro per l'Italia. Tornata dalla Lombardia, Antonella ha iniziato (da poco) l'attività. Con idee chiare e una buona dose di coraggio è riuscita a farsi largo tra i grandi del settore grazie al «forte amore e alla consapevolezza che si possa far bene anche in Calabria. È inutile sottolineare che siamo parecchio indietro ma negli ultimi anni stiamo recuperando terreno».

Non è stato facile partire ma l'enorme voglia di far bene hanno aiutato la Lombardo che si è affidata a tre figure molto note in Toscana: due agronomi, Stefano Dini e Dario Ceccatelli, e l'enologo Emiliano Falsini. «Hanno sopperito alla mancanza di manodopera specializzata, mi seguono passo passo e mi spiegano fattivamente cosa fare lì dove non arriviamo noi».

Come mai tre professionalità dalla Toscana e non calabresi? «In Toscana la viticoltura ha un nome e soprattutto si può fare esperienza, mentre da noi in Calabria, benchè esistano figure di questo tipo, non possono aver raggiunto la stessa maturità. Quanti ettari seguono? Dini, Ceccatelli e Falsini si spostano in tutto il mondo, sono figure versatili con un approccio e un adattamento particolare ai nuovi vitigni».

L'imprenditrice spiega come la Calabria si stia impegnando troppo poco nel settore: «Abbiamo solo 11mila ettari vitati, un numero davvero esiguo, mentre tanti vitigni non vengono più impiantati. Si pensa esclusivamente al bergamotto ed all'uliveto. È un comparto quello dei vini che ha perso tanta aderenza, anche se dove si lavora bene si riesce a ottenere risultati. Quando decisi di tuffarmi in questa avventura mi davano della pazza: mi dicevano, perché fai vigna? Semplice perché mi piace fare proprio la vigna, altrimenti avrei fatto bergamotto o uliveto. L'attività in campagna mi piace tutta, ma con la vigna penso di poter esprimere al meglio le mie capacità».

Antonella è convinta che la Calabria può riscattarsi in questo comparto: «È necessario avere voglia di lavorare bene. Io ho accanto a me delle persone che mi aiutano, ma io voglio esserci sempre, anche alle cinque del mattino». Produrre poco ma di qualità: questa la ricetta vincente per risollevare i vini in Calabria secondo la Lombardo che ha scelto il biologico nonostante sia una produzione difficile: «Bisogna essere attenti, portando avanti per tempo tutti gli interventi necessari. Non si fa vigna tre mesi l'anno, ma per 365 giorni».

Nella sua attività non dimentica la tradizione millenaria dei vini a Bianco, ben rappresentata dai “Palmenti”. «Sono una delle più belle espressioni che noi abbiamo e che non sfruttiamo. Se vado in collina e in mezzo ad un bosco trovo muretti a secco e palmenti le risposte sono due: lì c'era vigna o al più era presente un ulivo. Si potrebbero creare tante situazioni, unendo la viticoltura moderna a percorsi rupestri che fanno conoscere le vecchie campagne e questi luoghi che una volta erano sedi di vigneti importanti. La Calabria dovrebbe credere fermamente nell'agricoltura e nel turismo. Invece abbiamo solo campi incolti».

Antonella di recente ha acquistato altri due ettari che verranno impiantati in collina, nel comune di Caraffa del Bianco, proprio dove il nonno aveva i vigneti. Una decisione ponderata e lungimirante: i terreni a Bianco sono in zona pianeggiante e argillosa, mentre a Caraffa si trovano a una altezza maggiore e anche il suolo è diverso.

Ovviamente la pandemia non ha risparmiato neppure lei e sta seminando di ostacoli il cammino di crescita dell'azienda agricola: «Non abbiamo partecipato a Vinitaly ed a ProWein, quindi è mancato il contatto con l'estero e con i buyer fuori regione. A questo va aggiunto che l'ultimo Dpcm ha portato anche alla chiusura serale dei ristoranti e quindi le difficoltà aumentano per chi come me non punta sulla grande distribuzione ma ha scelto come canali di vendita le enoteche e, appunto, i ristoranti. Qualche contatto ultimamente è arrivato grazie anche al premio “Tre bicchieri” sempre del Gambero Rosso che ha contribuito a farci conoscere fuori dai nostri confini».

Nel frattempo la sua giovanissima struttura continua a sperimentare: «Il 2019 è la nostra prima annata, al momento sul mercato abbiamo solo due etichette, un nerello mascalese rosato e un greco di bianco in versione secca non passita. Ci sono anche i rossi in legno che usciranno nei primi mesi del 2021. La nostra attività sta procedendo con nuove idee. Presto capiremo quali piaceranno di più ma soprattutto quali riusciranno meglio poiché come prima cosa devono rispecchiare il territorio».

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