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Locri, dall’enogastronomia una spinta per la “Capitale della cultura 2025”

A parere dell’enologo Coppola «bisogna puntare sui vitigni autoctoni». E soprattutto incentivare il turismo settoriale

Produrre vino è una delle più gustose espressioni dell’intelligenza umana, dove figura fondamentale è l’enologo. Tra i più esperti nel panorama calabrese, con collaborazioni anche nella Locride, c’è Stefano Coppola.
– Come nasce la passione per l’enologia?
«Nasce a 20 anni ereditando dai miei nonni i terreni di famiglia. Ma ho capito subito che questa era la strada giusta in ambito professionale, infatti dopo gli studi a Palermo ho iniziato immediatamente a fare pratica».
– Che vendemmia è stata per la Locride quella del 2021?
«Una buona annata, abbiamo avuto solo un picco caldo ad inizio agosto ma le uve locride e in quel momento non erano mature, quindi non abbiamo dovuto affrontare i problemi che hanno uve precoci. La prima uva che si raccoglie nella Locride è il Greco di Bianco a partire dall’ultima settimana di agosto e i risultati sono stati buoni. Anche le uve raccolte a settembre sono giunte in buone condizioni e promettono bene».
– Quali sono i vitigni del territorio che danno risultati più sorprendenti?
«Il più sorprendente, a mio avviso, è il Mantonico, che abbiamo spumantizzato per primi e anche con grandissimi risultati di vendita grazie alla lungimiranza del produttore Francesco Macrì. Tra l’altro questo è un vitigno particolare che dà origine a vini d’ogni tipo, da quelli di pronta beva sino ad alcuni adatti ad invecchiare».

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