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Palmi, la Varia e la segreta energia dell’Animella

La Festa di Palmi diventata patrimonio immateriale dell’umanità unisce il passato e il presente grazie a un antico incantesimo

Maria Teresa ha gli occhi posati sull’orizzonte: è lì che il sole lentamente si adagia sfiorando al tramonto le Isole del vento. La sfera rossa infuocata sembra trasmetterle misteriose energie: “Teta” - così la chiamano - ha solo 11 anni ed è acclamata come una stella da migliaia di persone che aspettano di vederla “volare” sfiorando i tetti di case e palazzi. È l’animella della Varia, rappresenta la Madre di Gesù che ascende al cielo. Nelle pupille chiare di questa bimba ci sono cinque secoli di tradizione. E la brezza marina che risalendo dalle antiche calette care ai naviganti fenici e greci le accarezza dolcemente il viso, sembra raccontarlo.

L’Animella sente le urla d’incitamento dei 200 portatori che spingono la più alta macchina a spalla animata d’Europa (16 metri e 20 tonnellate di peso), ma ascolta pure “voci” più lontane, piccoli sussurri che le giungono con il profumo salmastro: è il segreto modo con cui quanti non ci sono più le offrono sostegno. Ogni Animella ha sentito - pur se solo per un attimo - i suoni e le “voci” che attraversano gli oceani del tempo per farsi ascoltare. È un incantesimo che sfuggendo alla comprensione umana, si ripete ogni volta. Si compie affinchè la bimba, lassù, non abbia paura sentendo vicini questo mondo e l’altro. È un segno dell’eternità che arriva sfidando le logiche dello spazio e delle dimensioni. Solo l’Animella- si narra da sempre - ha il privilegio di udire nenie dimenticate e preghiere angeliche intonate da invisibili cantori, mentre quasi impercettibili soffi lanciati dalle anime le si insinuano tra i capelli come per baciarla. Una meraviglia che trasforma l’ultima domenica di agosto in una fiaba senza fine e Palmi nel luogo in cui l’onirico incontra la fede e la pietà popolare.

La “scasata”

Maria Teresa Leva ondeggia in cima alla nuvola di cartapesta, incrociando lo sguardo di Antonio (Garipoli) il Padreterno: tutti e due, senza parlarsi, si sentono fieri di essere a un passo dal cielo. Liberi e forti come i gabbiani che saettando su Capo Barbi salutano intanto l’inizio della corsa del carro. Gli occhi e i cuori di almeno 100.000 persone seguono con ansia e con gioia l’uomo e la bimba. “Teta” e Antonio non si sentono soli: nella simbolica corsa d’ascensione paradisiaca, li accompagnano il ruggito degli ‘mbuttaturi (guidati da Eugenio Crea), le urla d’incitamento del popolo, le benedizioni dei sacerdoti. La coralità è l’aspetto teatrale della Varia: tutti stanno insieme sullo stesso immaginario palcoscenico. È come se i lastroni di pietra su sui scivola la portentosa struttura, i marciapiedi e le piazze che attraversa, fossero le tavole d’un teatro su cui ciascuno può recitare una parte. Non c’è età, nè razza, nè censo: si vive la magia dell’attimo, dimenticando rivalità e inimicizie, dissapori e controversie, avvolti nella luce accecante d’una magia.

I tanti ospiti

«È una esperienza straordinaria» ripete a gran voce Luca Milani, presidente del Consiglio comunale di Firenze. La sera prima della “scasata”, l’esponente politico fiorentino, ha assistito al “battesimo” dei nuovi marinai che si compie in una casa ove un tempo sorgeva, sopra Capo Barbi, la torre di San Francesco. È così da quando la Corporazione è stata fondata e Milani s’è ritrovato in una mondo di inni, canti e giuramenti. «È stata una emozione fortissima», ha detto. Ospiti della Fondazione “Varia”, guidata da Daniele Laface e Mimma Sprizzi, pure gli animatori della Festa di “Santa Rosa” di Viterbo, coordinati da Raffaele Ascenzi, dei Gigli di Nola, della Faradda di Sassari, della Vara di Messina. Eppoi il professore e architetto Francisco Javier Lopez Morales, in rappresentanza dell’Unesco, che 10 anni fa, a Baku, ha indicato la “Varia” come patrimonio immateriale della umanità. Sulle tribune, il celebre orafo Gerardo Sacco, decine di sindaci e amministratori pubblici, consiglieri regionali, parlamentari, magistrati.

Il legame con Messina

La gloriosa Zancle e Palmi hanno un legame fortissimo. Un legame che nasce in nome della solidarietà: quando nel Cinquecento la città dello Stretto venne investita da una devastante pestilenza, la gente di Palmi corse in soccorso portando nelle proprie case in riva alla Costa Viola tutti i cittadini peloritani ch’era possibile ospitare per salvarli dalla terribile pandemia. E i messinesi, per riconoscenza, donarono ai palmesi uno dei capelli della Madonna che da secoli custodivano gelosamente. La reliquia venne portata alla Marinella e, quindi, poi nel cuore della cittadina tirrenica a bordo di un vascello governato da patron Peppe Tigano. Il trasporto sarebbe avvenuto l’undici gennaio 1582. Oggi in casa della famiglia Tigano viene vestita l’Animella mentre uno dei rappresentanti del nucleo familiare, Bruno, partecipa al corteo sempre accanto alla bambina. Palmi e Messina condividono, insomma la Festa in onore della Madonna: con la Varia e con la Vara. E le delegazioni delle due città si scambiano le visite in occasione della ricorrenza delle celebrazioni.

L’annuncio del sindaco

Giuseppe Ranuccio gongola: «La città ha avuto un record di visitatori e la Varia si colloca tra le Feste più importanti della Calabria. La prossima estate con la Fondazione organizzeremo una edizione speciale.». Dunque, dopo il successo si riparte. Con il sostegno della Città Metropolitana di Reggio e della Regione. «La Regione sostiene questa manifestazione, anche attraverso un’apposita legge,» ha detto il consigliere Giuseppe Mattiani «e sarà pronta l’anno prossimo, grazie al presidente Roberto Occhiuto, a offrire il giusto contributo economico».
Disse il celebre compositore Francesco Cilea, figlio illustre di Palmi: «La Varia con lo sforzo dei suoi portatori e la corale spinta della gente rappresenta un inno collettivo di amore». Il Maestro è sepolto nel mausoleo davanti al quale viene costruita, da sempre, la struttura. È da lì che l’Animella, dopo un simulato colpo di cannone, comincia la sua corsa felice tra due ali di popolo. Non può essere un caso.

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