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Reggio, Buffon riceve il Premio Granillo: "Mai avuto il cinismo del vincente, mi piaceva stupire"

Ora è Capo delegazione della Nazionale di calcio

«Dentro non sono mai stato un vincente. Non avevo e non ho mai avuto il cinismo del vincente mi piaceva solo far divertire la gente, stupirla con delle parate sensazionali. Dopo le prime vittorie che ti danno la sicurezza di essere di un certo livello, devo dire che la vittoria è stato un qualcosa che mi ha interessato fino lì». Lo ha detto l’ex portiere della Nazionale, ed attuale capo delegazione della Nazionale italiana di calcio, Gianluigi Buffon che ha ricevuto il premio internazionale sportivo «Oreste Granillo».

Alla premiazione, svoltasi ad Altafiumara, assieme al patron del Premio, il giornalista Maurizio Insardà affiancato da Italo Cucci, direttore editoriale di Italpress, molti esponenti del mondo sportivo calabrese. Gli altri riconoscimenti sono andati, a Saverio Mirarchi, presidente regionale della Lega Nazionale Dilettanti che è anche vice presidente per l’Area Sud; all’ex direttore sportivo Beppe Ursino, per 27 anni alla direzione sportiva del Crotone, e a due medici, Pasquale Favasuli, per 30 anni medico della Reggina, ed ex calciatore della stessa squadra, durante la presidenza, proprio di Oreste Granillo, e Pino Capua, presidente della Commissione Federale Antidoping della Figc.

Alla domanda su come sta vivendo l’attuale esperienza con la Nazionale, Buffon l’ha definita una grandissima opportunità, "che ho deciso di vivere - ha aggiunto - con grande entusiasmo. Non fosse altro per il tipo di ruolo che è stato ricoperto da gente come Gianluca Vialli e Gigi Riva che sono due inarrivabili della storia azzurra. Sto cercando - ha detto ancora - di prendere il loro testimone e provare a farli rimpiangere il meno possibile, mettere dentro a questa avventura l’entusiasmo che ho sempre avuto per il mondo del calcio ed anche l’esperienza che ho maturato in 29 anni a determinati livelli». A chi dire grazie? gli è stato chiesto. «A tante persone, certo, ma soprattutto ai miei genitori, alla mia famiglia, che definisco 'polisportivà perché erano tutti impegnati in vari sport, che hanno impresso nel mio Dna la matrice sportiva».

Foto Attilio Morabito

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