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I bronzi di Riace: come è nato un mito moderno al centro di «Italia. Viaggio nella bellezza»

E’ da poco trascorso, il 16 agosto scorso, il cinquantesimo anniversario dalla scoperta dei bronzi di Riace, due magnifiche statue greche del V secolo a.C. recuperate grazie a un ritrovamento fortuito nelle acque del piccolo borgo calabrese. Per la Calabria i due guerrieri sono stati subito simbolo di identificazione culturale e speranza di riscatto. A loro è dedicato il nuovo appuntamento, firmato da Brigida Gullo, regia di Federico Cataldi, con “Italia. Viaggio nella bellezza”, in onda stasera alle 21.10 in prima visione su Rai Storia.

Giunti a Firenze per il primo restauro durato cinque anni, dal loro esordio al Museo archeologico, il 15 dicembre 1980, i bronzi hanno attratto, per armonia di forma ed espressione, folle di turisti e visitatori. Sandro Pertini, allora presidente della Repubblica, li ha ospitati al Quirinale, nell’estate del 1981, per una seconda mostra, a consacrare il grande evento della scoperta. Con le esposizioni a Firenze e Roma le statue erano oramai entrate nel discorso pubblico. Gli ingredienti per la nascita di un mito c’erano tutti: la bellezza classica dei due guerrieri, il ritrovamento in mare del tutto fortuito, il fascino dell’antico hanno fatto breccia su un mondo che a inizio anni ’80 si lasciava alle spalle un periodo turbolento e si avviava verso un decennio di spensieratezza e edonismo. La loro destinazione finale, nell’estate del 1981, è stata l’allora Museo Nazionale di Reggio Calabria, oggi Museo Archeologico, che continua a custodirli e valorizzarli.

I bronzi di Riace non sono semplicemente due statue greche del V secolo avanti Cristo. Sono molto di più: le vicende che li hanno riguardati, se da un lato ne hanno decretato la trasformazione in mito, dall’altro hanno rischiato di soffocarli, replicandone eccessivamente l’immagine e trasformandoli in feticci. Grazie ai restauri ai quali sono stati sottoposti nel corso di cinquant’anni e alle nuove tecnologie, che oggi sono in grado di esaminare anche le più piccole tracce fuori e dentro le due statue, si può iniziare a ipotizzarne la provenienza e a ricercarne l’identità.

Mentre il dibattito scientifico sui bronzi di Riace è destinato a continuare, il loro fascino rimane intatto: diventate, come avrebbe detto Roland Barthes, un mito d’oggi, sono destinati a incantare chiunque cerchi in loro il simbolo di un passato in cui bellezza e armonia erano virtù supreme e assolute. Intervengono Vinzenz Brinkmann (Liebieghaus Skulpturensammlung - Francoforte sul Meno), Pietro Giovanni Guzzo (Accademia dei Lincei), Mario Iozzo (Direttore Museo Archeologico Nazionale di Firenze), Carmelo Malacrino (Direttore Museo Archeologico di Reggio Calabria), Marcello Miccio (restauratore chimico), Mario Micheli (Università degli Studi Roma Tre), Maurizio Paoletti (Università della Calabria), Giuseppe Zurzolo (sindaco di Riace 1970-1980).

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