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Gioia Tauro, Marrella è un pugno nello stomaco. I veleni “soffocano” le clementine FOTO | VIDEO

l sito delle due discariche mai messe in sicurezza è una bomba ecologica. Il percolato scorre tra gli alberi e i terreni inibiti al pascolo. Dal 2014 è vietato raccogliere e commercializzare prodotti

È ancora un pugno allo stomaco contrada Marrella, agro fertile che un tempo fu il giardino felice di Gioia, dilaniato dai veleni che fuoriescono sempre più copiosi dalle colline artificiali sovrastanti, due discariche – una comunale e l’altra di servizio all’ex multinazionale Tec-Veolia che gestiva l’inceneritore di contrada Cicerna – mai messe del tutto in sicurezza e sequestrate dall’autorità giudiziaria.

Un getto continuo di percolato, infiltrandosi e mischiandosi alle abbondanti falde acquifere sulle quali galleggia quel lembo di terra, si trasforma in liquido putrido, giallognolo e schiumoso. Per anni ha attraversato i campi, coltivati principalmente ad agrumi, devastando la produzione degli agricoltori; poi qualcuno di loro ha tracciato d’iniziativa un solco in cui canalizzare il flusso che adesso si immette nella rete di scolo della vicina autostrada ma sempre nel fiume Budello e, da lì, in mare va a finire. In prossimità del tubo artigianale dal quale sgorga quella melma i miasmi sono insopportabili.

Ci si arriva percorrendo la proprietà Condello, 4 ettari costellati da 1600 piedi di clementine e altri alberi da frutto, dal 2014 inibiti al pascolo, con divieto di raccogliere e commercializzare qualsiasi prodotto. Qui e lì spuntano fuori dei tubi piezometrici che gli enti preposti, nell’ottica di una necessaria bonifica, hanno piantato per misurare il livello di falda.
Nei punti in cui l’acqua è fuoriuscita la terra è diventata nera come la pece e le piante più prossime sono praticamente bruciate. Percorrendo il viale principale, sulla sinistra si intravede subito una cunetta che raccoglie l’acqua sorgiva.
«Un tempo – racconta Mimmo Condello – qui i gioiesi venivano ad attingere con le giare e gli operai che lavoravano le terre si dissetavano». Adesso, è schiumosa e tinge il suolo di un colore simile alla ruggine.

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