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'Ndrangheta a Reggio Calabria, incendiano tabaccheria. In manette due persone

L'obiettivo era “ammorbidire” un esercente, riottoso nell’accettare la proposta di acquisto recapitata da un esponente della ‘ndrangheta reggina

Questa mattina, a Reggio Calabria i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, nell’ambito dell’operazione “La fabbrica dei cornetti”, hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale del capoluogo – sezione Gip – nei confronti di Antonio Morabito, di 41 anni, nato a Reggio Calabria, e Riccardo D’Anna,  28 anni, nato a Siracusa. Nello specifico, il primo è stato ritenuto responsabile di associazione di tipo mafioso ed entrambi di tentata estorsione, danneggiamento mediante incendio, detenzione e porto in luogo pubblico di arma da sparo in concorso ed aggravati dall’agevolazione mafiosa .

L’attività, diretta dai sostituti procuratori della Dda Walter Ignazitto e Nicola De Caria ha consentito al Nucleo investigativo cittadino di mettere in luce non soltanto le azioni illecite cui gli indagati sono dediti ma anche il ruolo centrale ricoperto da Antonio Morabito nella ‘ndrangheta dell’area meridionale di Reggio Calabria. Quanto acquisito nel corso delle indagini, oltre a fornire una plastica dimostrazione del pieno inserimento degli indagati nelle dinamiche mafiose locali, costituisce importante elemento di riscontro alle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.

Le risultanze investigative hanno permesso di documentare come Morabito, con l'aiuto di D’Anna, aveva inizialmente tentato di estorcere – attraverso l’invio di messaggi diretti al proprietario di un tabaccaio di Ravagnese - il consenso alla cessione della sua attività, e di fronte alle resistenze di quest’ultimo, aveva poi dato mandato a D’Anna affinché venisse appiccato il fuoco alla saracinesca dell’esercizio commerciale. È stato inoltre accertato come Antonio Morabito, in ragione del suo stabile inserimento all’interno della ‘ndrangheta, fosse perfettamente in grado di procurarsi clandestinamente armi da sparo tanto da mettere a disposizione una di queste a un soggetto non identificato mediante la collaborazione del sodale Riccardo D’Anna.

L’ indagine nel suo complesso ha consentito di porre sotto sequestro 2 imprese operanti nel settore della produzione e vendita di prodotti dolciari e della panificazione site a Reggio Calabria per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro.

All'esito dell’ esecuzione del provvedimento cautelare, entrambi gli arrestati sono stati associati nella casa circondariale di Reggio Calabria a disposizione dell’Autorità giudiziaria.

Il gip: la vicenda dimostra protervia mafiosa

«Ho guardato stamattina, là al tabacchino praticamente ha una porta sotto ha il battiscopa. Quindi, pure che io apro, noi non possiamo un pochettino la porta e basta, non passa dentro la benzina». «Non passa il liquido noi possiamo o sopra la serranda; gli diamo fuoco». E ancora: «Cambiagli la targa, al motorino, togli il portapacchi, compra due adesivi tanto poi di là devi andare subito a casa». «Avevo un’adrenalina, ma avete visto? Qualcosa? Si vede qualcosa? Poco». Non c'è solo il video che inchioda Antonio Morabito, detto Totò, e Riccardo D’Anna, accusati di avere incendiato la tabaccheria a Ravagnese con lo scopo di convincere il titolare a vendere l'esercizio commerciale. Nell’ordinanza di custodia cautelare ci sono anche diverse intercettazioni, registrate dai carabinieri, in cui gli indagati di fatto confessano la tentata estorsione. La vicenda «rappresenta la plastica dimostrazione della protervia mafiosa che non ammette forme di opposizione, che pretende e reagisce, specie con violenza, per sbaragliare la concorrenza e assicurarsi illecitamente fette di mercato che assume essere proprie 'di dirittò». Lo scrive il gip Giovanna Sergi nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda Walter Ignazitto e Nicola De Caria. "Il danneggiamento a mezzo incendio della tabaccheria - scrive ancora il gip - rappresentava lo strumento attraverso il quale i due indagati provavano a sottomettere la volontà della parte offesa, al fine di convincerla a retrocedere dai propri intendimenti con la vendita al Morabito dell’esercizio commerciale». Nel fascicolo dell’operazione «La fabbrica dei cornetti» sono finiti i verbali di diversi collaboratori di giustizia che hanno indicato Totò Morabito come un esponente di 'ndrangheta vicino alle cosche di Archi: «Era stato mandato da Peppe De Stefano nei locali dei Ficara. - ha dichiarato il pentito Daniele Filocamo - In assenza dei Ficara comandava lui». "Lui non aveva bisogno di essere battezzato come ndranghetista in quanto il suo e un livello di 'ndrangheta molto elevato». Sono le parole del collaboratore Pino Liuzzo secondo cui Totò Morabito «è il braccio destro di Pino Ficara e, quindi, riconducibile alla cosca Ficara-Latella».

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