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'Ndrangheta, è rientrato in Italia il boss Francesco Pelle arrestato a marzo a Lisbona - VIDEO

Detto "Ciccio Pakistan", Pelle è stato condannato definitivamente all’ergastolo come mandante della “strage di Natale”

E’ rientrato oggi dal Portogallo presso lo scalo aeroportuale di Ciampino il pericoloso latitante di ‘ndrangheta Francesco Pelle, classe 1977, scortato da personale del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia (SCIP) della Direzione Centrale della Polizia Criminale, guidata dal Prefetto Vittorio Rizzi, articolazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

Il criminale di San Luca (RC) era stato arrestato a Lisbona il 29 marzo scorso, sulla base di un mandato di arresto europeo, eseguito dalla Unità Nazionale Antiterrorismo della Policia Judiciaria portoghese, nell’ambito di un’operazione di polizia resa possibile dalla cooperazione fornita dal Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dal Gruppo Carabinieri di Locri, sotto l’egida della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri.

Pelle, detto Ciccio Pakistan, il latitante di San Luca inserito nell’elenco dei 30 ricercati più pericolosi d’Italia era sparito il 19 luglio 2019 poco prima che la Cassazione respingesse il suo ricorso, condannandolo definitivamente all’ergastolo come mandante della “strage di Natale”, consumata nel dicembre 2006 quando fu uccisa Maria Strangio, moglie di Giovanni Luca Nirta. I carabinieri lo hanno scovato in una clinica di Lisbona dove era ricoverato perché positivo al Covid.

Il processo ha stabilito che è stato lui il mandante dell’agguato in cui perse la vita la moglie del boss Nirta, un attentato che, 8 mesi più tardi, sfociò nella famosa strage di Duisburg dove morirono 6 persone ritenute vicine alla cosca Pelle-Vottari.

La strage di Natale, infatti, era stata la risposta al tentato omicidio di Francesco Pelle, consumato il 31 luglio 2006 quando Ciccio Pakistan rimase ferito alla schiena perdendo definitivamente l’uso delle gambe. La sedia a rotelle sulla quale è costretto a vivere non gli ha impedito di diventare un boss, organizzare la rappresaglia contro la cosca Nirta-Strangio e, soprattutto, di darsi alla latitanza per due volte.

La doppia latitanza

La prima fu interrotta nel 2008 da un blitz del ROS di Reggio Calabria all’epoca guidato dal Colonnello Valerio Giardina e dal maggiore Gerardo Lardieri. Mentre tutti gli davano la caccia, “Ciccio Pakistan” era ricoverato sotto falso nome a Pavia, nel reparto di Neuro-riabilitazione della Clinica Fondazione Maugeri. Pelle era curato a spese del servizio sanitario nazionale e dalla sua stanza in ospedale comunicava attraverso Skype con gli uomini della cosca rimasti liberi dopo l’operazione Fehida, coordinata dal magistrato Nicola Gratteri, allora in servizio a Reggio Calabria.

Nel settembre 2017 Pelle era tornato libero per scadenza dei termini di fase del processo alle cosche di San Luca. La sua condanna era stata annullata con rinvio dalla Cassazione. Per due anni è stato sottoposto all’obbligo di dimora a Milano in attesa della sentenza definitiva. Ma quando la Suprema Corte ha confermato il “fine pena mai”, Ciccio Pakistan, non c’era più. Di nuovo latitante e sempre sulla sedia a rotelle. Questa volta la fuga è durata meno di due anni e si è conclusa all’estero, in Portogallo, dove probabilmente Pelle ha goduto di una rete di protezione che gli ha consentito non solo di uscire dal paese indisturbato ma anche di farsi curare in una clinica dopo aver scoperto di essere positivo al Covid.

Il progetto I-CAN, incardinato sotto l’egida Interpol, ha agevolato la cooperazione internazionale di polizia permettendo ad oggi la cattura all’estero di 20 latitanti di ‘ndrangheta, tra cui spiccano, a parte quello di Pelle, i nomi di Giuseppe Romo, Vincenzo Pasquino, Rocco Morabito (secondo solo a Matteo Messina Denaro, tra i latitanti più pericolosi inseriti nella lista dei ricercati). Le recenti catture confermano la ramificazione del fenomeno criminale e la sua capacità di pervasione e diffusione internazionale, infatti fino a qualche anno addietro sarebbe stato impensabile che uno ‘ndranghetista potesse organizzare la propria latitanza in aree lontane dalle radici territoriali.

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