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Così il Ros prese "il supremo"

Alle ore 18,44 del 18 febbraio 2008 la svolta che ha consentito ai segugi del Ros dei carabinieri di catturare l’imprendibile, Pasquale Condello “Il supremo”. Gli invisibili del colonnello Valerio Giardina e del capitano Gerardo Lardieri stavano monitorando da settimane un’area intorno alla via Filici, nella popolosa frazione di Pellaro. Proprio quel gruppo di palazzi, villette e appartamenti dove verrà agguantato la “primula rossa” della ’ndrangheta calabrese. Ai carabinieri mancava soltanto la conferma, il posto esatto dove il boss di Archi aveva trovato rifugio. I dettagli operativi che hanno portato alla cattura del superlatitante sono stati illustrati ieri nel processo “Meta” da alcuni investigatori del Raggruppamento operativo speciale che hanno partecipato all’attività di intelligence. In cinque sono sfilati sul banco dei testimoni davanti al Tribunale collegiale presieduto da Silvana Grasso. 
La pista privilegiata dai carabinieri ruotava intorno a Giovanni Barillà, il fidatissimo genero del padrino di Archi. Gli 007 del Ros lo pedinavano, lo seguivano, lo intercettavano, ne seguivano mosse e spostamenti da mesi. Non gli davano tregua. Tutti erano convinti che prima o poi avrebbe commesso il tradizionale passo falso, spianando la strada alle operazioni di cattura. Così avvenne la sera del 18 febbraio 2008.

Alle ore 18,44 del 18 febbraio 2008 la svolta che ha consentito ai segugi del Ros dei carabinieri di catturare l’imprendibile, Pasquale Condello “Il supremo”. Gli invisibili del colonnello Valerio Giardina e del capitano Gerardo Lardieri stavano monitorando da settimane un’area intorno alla via Filici, nella popolosa frazione di Pellaro. Proprio quel gruppo di palazzi, villette e appartamenti dove verrà agguantato la “primula rossa” della ’ndrangheta calabrese. Ai carabinieri mancava soltanto la conferma, il posto esatto dove il boss di Archi aveva trovato rifugio. I dettagli operativi che hanno portato alla cattura del superlatitante sono stati illustrati ieri nel processo “Meta” da alcuni investigatori del Raggruppamento operativo speciale che hanno partecipato all’attività di intelligence. In cinque sono sfilati sul banco dei testimoni davanti al Tribunale collegiale presieduto da Silvana Grasso. La pista privilegiata dai carabinieri ruotava intorno a Giovanni Barillà, il fidatissimo genero del padrino di Archi. Gli 007 del Ros lo pedinavano, lo seguivano, lo intercettavano, ne seguivano mosse e spostamenti da mesi. Non gli davano tregua. Tutti erano convinti che prima o poi avrebbe commesso il tradizionale passo falso, spianando la strada alle operazioni di cattura. Così avvenne la sera del 18 febbraio 2008.

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