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Il piccolo territorio
di Condofuri diviso
tra le ’ndrine

el dorado

Ambiti territoriali delimitati quasi al centimetro, su cui poter esercitare una “sovranità” incontrastata. Nel segno di traffici e attività illegali di varia natura, le ‘ndrine dominanti a Condofuri avevano trovato l’intesa, suddividendo il Comune in tre “Locali”. Ognuno era stato affidato al controllo di un gruppo criminale autonomo. L’accordo siglato aveva consentito di dividersi spazi, competenze e affari. Con buona pace di tutti. Il quadro della spartizione del territorio, dipinto attraverso le indagini confluite nell’operazione “El Dorado”, ha consentito di ricomporre nei dettagli la geografia del crimine organizzato nel centro ionico, portando, nella giornata di ieri, alla raffica di arresti eseguiti dai carabinieri del comando provinciale, in collaborazione con i comandi dell’Arma di Viterbo, Chieti e Roma. Dall’intesa tra consorterie mafiose erano nati i “Locali” di Condofuri Marina, Condofuri- San Carlo e Gallicianò. A riguardo, l’esito del lavoro investigativo, incardinato su una capillare attività fatta di intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche di pedinamenti e controlli, ha fornito elementi ritenuti di fondamentale importanza per la messa a punto dell’impianto accusatorio, a partire dal quale è stata avanzata richiesta di emissione dell’ordinanza di custodia cautelare. Nel presentare il “conto della giustizia” ai presunti affiliati dell’organizzazione che faceva riferimento al “Locale” di Gallicianò, il pubblico ministero, nella ricostruzione inoltrata al gip per la valutazione del caso, ha richiamato «l’ampio materiale conseguito attraverso le intercettazioni telefoniche ed in gran parte ambientali, estremamente chiare nei contenuti, ed i cui interlocutori sono stati identificati puntualmente, sia perché spesso colloquianti a bordo di veicoli di loro proprietà o uso abituale, o perché utilizzatori di utenze telefoniche note agli investigatori, come le relative voci, divenute familiari per gli addetti all’ascolto, tenuto conto del numero elevato di dialoghi intercettati di assoluto rilievo». Quanto capillare e sentita fosse la ripartizione territoriale, lo si può evincere da svariate sfaccettature. Una intercettazione, in particolare, ha consentito di rilevare il pieno grado di autonomia di cui ogni “Locale” poteva godere. Si tratta di una conversazione ambientale, registrata il 31 marzo 2010, tra due soggetti, in seguito identificati per Francesco Nucera, 32 anni e Diego Nucera, 65 anni, che si trovavano a bordo di una Panda. Quest’ultimo affermava che «il locale di Gallicianò risponde per fatti suoi». Ovvero decide autonomamente, potendo così allungare i propri tentacoli ovunque. E nella propria autonomia territoriale, la consorteria mafiosa dominante dimostra particolare attenzione all’ampliamento del proprio esercito. Dei riti di affiliazione, con l’assegnazione del grado corrispondente al livello di esperienza o di “peso” ad ogni singolo “battezzato”, viene fatto espresso riferimento nelle intercettazioni passate al setaccio dagli inquirenti impegnati nell’inchiesta, chiusa con gli arresti di ieri. In particolare, Domenico Nucera, chiacchierando con Alberto Corso, parla dello svolgimento del rito di affiliazione attraverso il “battesimo”, spiegando che i partecipanti sono sette e menzionando alcune delle cariche. Spiega anche «che vi è la lettura di una formula, l’utilizzo di un coltello», parla «della ferita che dovrà infliggersi, da cui dovrà far cadere su un limone una goccia di sangue, mimandogli i movimenti da fare» e dell’utilizzazione di un “santino” che deve essere completamente bruciato». Alla pari di tantissimi altri “Locali” della provincia, anche Gallicianò puntava in alto, manifestando una marcata propensione- vocazione espansionistica, finalizzata all’ampliamento dei guadagni. Da qui la scelta di dotarsi di una struttura in grado di agire da “testa di ponte”, in una località strategica e idonea a favorire il giro di affari. L’operazione “El Dorado” rivela l’esistenza di una succursale del “Locale” di Gallicianò, nel Lazio. Un locale specializzato nell’attività «di investimento e riciclaggio dei proventi illeciti acquisiti, difficilmente ostensibili nelle aree d’origine, maggiormente sottoposte a controllo ed in cui gli introiti illeciti non possono essere agevolmente reimpiegati ove non ne sia dimostrabile la provenienza».

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