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E adesso spunta anche
una “guerra di pentiti”

Un presunto complotto ordito per screditare il pentito Antonino Lo Giudice, detto “il Nano”. Una parte di rilievo l’avrebbe avuta un altro pentito di ’ndrangheta, Antonio Di Dieco, esponente della criminalità organizzata cosentina, genero del defunto boss della Sibaritide Giuseppe Cirillo. È quanto emerge da un’inchiesta della Procura di Roma, coordinata dal procuratore perugino Fumo (il procuratore Pignatone si è astenuto in quanto da ex capo dei pm di Reggio aveva raccolto le prime dichiarazioni di Lo Giudice). Il tentativo di screditare “il Nano”, per neutralizzare quello che stava dicendo ai pm di Reggio e Catanzaro, risalirebbe a due anni fa, quando Lo Giudice era considerato un collaboratore di giustizia attendibile. Di Dieco, secondo gli inquirenti, avrebbe convinto due compagni di cella a sostenere che Lo Giudice aveva ammesso con loro di essere un bugiardo. Una strategia, dunque, finalizzata a minare l’attendibilità del pentito. Qualcosa, però, non era andata secondo programma: uno dei due complici aveva ritrattato e a quel punto per lui erano scattate le minacce. Il detenuto minacciato aveva, quindi, denunciato l’accaduto, svelando uno scenario da “guerra di pentiti” ambientata in riva allo Stretto ma con rivoli di veleni che sembrano estendersi ben oltre i confini di Reggio.

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