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A Reggio Calabria
800 mln di scommesse

Nella provincia di Reggio Calabria, nel 2012, sono stati bruciati 800 milioni di euro per scommesse di varia natura. Una somma che rappresenta il 10% del valore del Pil complessivo della provincia ed evidentemente sproporzionata rispetto alla ricchezza prodotta. Ad evidenziare il dato, che emerge da uno stima dell'Istituto Tagliacarne, è stato il capo centro della Dia di Reggio Calabria, Gaetano Scillia, nel corso della conferenza stampa convocata per illustrare i risultati dell'operazione "Gambling" che ha portato a 41 arresti ed al sequestro di beni per due miliardi per le infiltrazioni della 'ndrangheta nel sistema delle scommesse online. La stima, sicuramente stupefacente - a Pordenone, dove il Pil è 8,2 miliardi, sono stati giocati 380 milioni - per gli investigatori significa una sola cosa: che si è in presenza "di un rilevante sommerso economico". Sommerso che, è l'analisi degli investigatori, non è spiegabile solo con la presenza di lavoro nero. Così come la massa di giocate non può trovare riscontro in fattori sociali come la ludopatia. Il problema della provincia di Reggio, ma più in generale della Calabria, è la presenza della 'ndrangheta. Anche il comandante provinciale della Guardia di finanza reggina, Alessandro Barbera, ha infatti evidenziato "la sproporzione tra i giganteschi volumi di denaro giocato e le percentuali di occupazione e reddito. Mettendo insieme i dati - ha detto l'ufficiale - ne può emergere che una consistente economia occulta. In presenza di un Pil bassissimo, Reggio ma più in generale la Calabria, presentano un volume di gioco assolutamente inspiegabile". Analisi che trova conferma anche nel sequestro effettuato a casa di uno degli indagati. All'uomo sono stati trovati 160 mila euro in contanti, 20 mila dei quali nascosti in una lavatrice. "Voleva fare un lavoro di 'lavaggio' completo" ha detto, usando l'ironia, Barbera e riferendosi all'opera di riciclaggio delle cosche. Ma dietro la battuta ci sono la considerazione e la consapevolezza degli investigatori - suffragata dalle analisi - di istituzioni e importanti centri di ricerca ed, in ultimo, dall'operazione conclusa oggi con due miliardi di beni sequestrati - dell'immenso potere economico delle cosche che dispongono di capitali illimitati e "nascosti" con i quali riescono a drogare il mercato legale a proprio vantaggio, affossando l'economia lecita non solo della Calabria ma anche di altre realtà nazionali.

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