Ucciso dal fuoco che aveva acceso per riscaldarsi. E' morto così Jaiteh Suruwa, un diciottenne del Gambia, rimasto ucciso nel corso della notte dal rogo che si è sviluppato nella baraccopoli di San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro.
Non è la prima volta che nella zona si sviluppano incendi nelle baracche e nelle tende, a gennaio dello scorso anno una donna di origini nigeriane, ospite da pochi giorni della baraccopoli, aveva perso la vota in un altro rogo.
A San Ferdinando vivono centinaia di extracomunitari, sembra che l'incendio si sia sviluppato all'interno di una delle baracche e si sia propagata a quella vicina. Probabilmente qualcuno aveva acceso un rogo per scaldarsi e poi si è addormentato, lasciando il fuoco incustodito.
La vittima, di cui si conosce soltanto l'identità, è morta in seguito alle gravi ustioni riportate nell'incendio. Probabilmente, secondo i soccorritori, anche l'uomo stava dormendo in una delle due baracche distrutte dal fuoco e non si è accorto delle fiamme che divampavano.
Il rogo è stato spento dai vigili del fuoco che stazionano nella zona e dagli stessi migranti. Sul posto sono intervenuti carabinieri, polizia e guardia di finanza.
“Una giovane vita distrutta nella tendopoli di San Ferdinando - commenta il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio -, a cui va il mio commosso pensiero, venuto dal Gambia per trovare lavoro, ha trovato la morte nella baraccopoli di S Ferdinando. La stessa nella quale, circa un anno fa, ha perso la vita Becky Moses, 26 anni. Entrambi privati dell'accoglienza Sprar, il primo a Gioiosa Ionica e la seconda a Riace. La tendopoli della morte continua a seminare vittime innocenti mentre viene assurdamente sancita la fine dei progetti Sprar e liquidata una esperienza come quella di Riace che costituisce un esempio concreto di accoglienza e di integrazione civile. La morte del giovane Suruwa impone una netta inversione di rotta. La baraccopoli della morte e della mortificazione della vita deve essere smantellata. Il Governo, il Ministro dell'Interno, Matteo Salvini, assumano immediate iniziative per soluzioni adeguate ad una accoglienza degna di un Paese Civile”.
«Era venuto in Italia un anno fa. La sua ambizione era studiare. E adesso non c'è più». Soumbu Jaiteh, è il fratello di Souaro, il giovane morto nell’incendio della baracca in cui dormiva, nella
tendopoli di San Ferdinando. Soumbu ha gli occhi gonfi e arrossati, segno delle lacrime versate per la morte del fratello. Non ha molta voglia di parlare all’uscita dalla tendopoli. A fargli forza gli amici del fratello che gli sono vicini. Lui vive a Catania ed è arrivato in Calabria dopo avere saputo della tragedia. «Anche se stavamo lontano ci vedevamo sempre. Io venivo a trovarlo. Adesso sono distrutto dal dolore. Io sono arrivato prima in Italia - aggiunge - poi è arrivato Souaro. Anche lui dopo la traversata del Mediterraneo su un barcone ed era andato in un centro Sprar a Gioiosa Ionica». Soumbu ha già manifestato l’intenzione di rimpatriare la salma nel loro paese, in Gambia, dove vivono i loro genitori.
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