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Viaggio nella baraccopoli di San Ferdinando, dove il futuro è sospeso

Una veduta della tendopoli di San Ferdinando

Il colore è sbiadito, il tessuto sporco. Quando anni fa furono piantate dalla protezione civile, le prime tende con il logo del ministero dell’Interno erano di un blu intenso e nessuno pensava che sarebbero diventate il primo insediamento, una sorta di centro storico, di un villaggio senza nome nel quale avrebbero vissuto in maniera disumana circa 2000 stagionali africani.

A poche decine di metri dal primo insediamento, si è sviluppato l’imponente incendio che la notte del 31 dicembre scorso ha trasformato in cenere 13 baracche. Un rogo che, solo per puro caso, non si è trasformato in tragedia.

Il ricordo di Surawa Jaiteh, morto nell’incendio dell’1 dicembre scorso, è ancora troppo vivido nella mente degli stagionali che popolano questa enclave africana nel cuore dell’area industriale di San Ferdinando.

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