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Uccise la moglie a Monasterace: "Pilato confessò per evitare alla figlia lo stress del processo"

La giovane Mary Cirillo

«Tutti gli elementi emersi inducono con tranquillante certezza ad affermare che l'omicidio sia stato compiuto da Giuseppe Pilato in uno stato di piena consapevolezza e lucidità mentale».

È quanto scrivono i giudici della Corte di assise di appello di Reggio Calabria nelle motivazioni della sentenza di secondo grado del processo a Giuseppe Pilato, reo confesso dell'omicidio della moglie Mary Cirillo, avvenuto il 18 agosto del 2014 a Monasterace, condannato a 26 anni di reclusione.

I giudici reggini, riporta la Gazzetta del Sud in edicola, hanno riformato la sentenza del primo grado, quando l'assise di Locri aveva condannato l'imputato all'ergastolo con isolamento diurno per la durata di 3 mesi. Un sensibile sconto di pena per Giuseppe Pilato, difeso dagli avvocati Marco Tullio Martino e Giuseppe Gervasi, coadiuvati dagli avvocati Bavaro e Sorgiovanni, determinato dalla considerazione che la Corte ha ritenuto che: «sussistano le condizioni per concedere (...) le circostanze generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle riconosciute aggravanti.

Tale valutazione consegue alla constatazione che si tratti comunque di soggetto del quale è stata concordemente evidenziata anche in epoca precedente al presente procedimento la sofferenza psichica; all'avere costui finalmente deciso di ammettere le proprie responsabilità in ordine all'omicidio della giovane moglie; all'apprezzabile atteggiamento che lo ha indotto a consentire all'acquisizione delle dichiarazioni in sede di indagini della figlia (...) evitandone lo stress dell'esame dibattimentale».

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