Dieci giorni dopo la bufera mediatica "per ristabilire il senso della verità, purtroppo negata dalle virali fake news diffuse su tutto il territorio nazionale, è ora venuto il momento di raccontare a freddo ciò che è successo effettivamente quel 15 maggio”. Rompe il silenzio il collaboratore scolastico dell’Istituto comprensivo “F. Pentimalli” accusato di aver ucciso un gatto a colpi di bastone nel cortile della scuola, davanti alla vista dei bambini che in quel momento si trovavano intenti a giocare durante l’ora di educazione fisica. Per lui parla l’avvocato Raimondo Paparatti del Foro di Palmi.
Il 63enne gioiese è stato deferito in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Palmi, un provvedimento scaturito dalla segnalazione dell’Osservatorio sui diritti dei minori della Regione Calabria pervenuta alla locale stazione Carabinieri e dalla successiva denuncia dell’Enpa (Ente protezione animali).
L'episodio, che ha avuto enorme canore, si sarebbe verificato nella palestra della scuola media da tempo in disuso perché inagibile mentre nel cortile antistante era in corso una lezione di ginnastica con gli alunni della 4B elementare, da qualche anno ospitata insieme ad altre classi in quell’edificio, a causa di criticità strutturali al piano superiore dell’originario e adiacente complesso scolastico.
"Per prudenza e per il rispetto dell’attività di indagine avviata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi e dallo stesso Istituto dove lavora con costante dedizione da moltissimi anni, catturandosi la benevolenza di tutti gli alunni, colleghi ed insegnanti - si legge in una lunga nota dell'avvocato Paparatti - il mio assistito ha ritenuto di non esporsi alla gogna mediatica".
Il legale ricostruisce così l’accaduto: “Verso le ore 10.30 circa, il mio assistito veniva incaricato dal vice preside di entrare nella palestra della scuola, in disuso perché inagibile, per consentire ad un gatto randagio, che vi si era intrufolato diversi giorni prima, di potere nuovamente uscire non essendo più in grado di farlo autonomamente. Appena varcata la soglia della porta della palestra, ha notato il gatto, che era completamente impaurito e disorientato, correre e saltare all'impazzata, sbattendo finanche contro le vetrate e i muri delle pareti nel vano tentativo di guadagnare una via d’uscita. Sennonché, è accaduto che nella foga della corsa incontrollata, il gatto è rimasto incastrato in una intercapedine dalla quale, pur dimenandosi, non riusciva più ad uscire. Nel tentativo di soccorrerlo, il mio assistito ha preso una tavola in legno (non un bastone!), che si trovava casualmente adagiata in un angolo della palestra, e l’ha avvicinata al felino affinché la potesse afferrare con gli artigli e così facilitare la sua estrazione. Il gatto, sempre più impaurito e sofferente, ha effettivamente afferrato con gli artigli e addentato con i denti la tavola procurandosi una piccola ferita alla bocca, ma il collaboratore scolastico è riuscito comunque ad estrarlo dal buco in cui si era intrufolato, portandolo fuori nel cortile dove c’erano dei bambini di scuola primaria intenti a giocare nell’ora di educazione fisica, che hanno purtroppo visto il gatto ferito ed agonizzante fino al suo decesso, avvenuto poco dopo”.
Questi, secondo la difesa, sono stati i fatti nella loro effettiva successione cronologica, rispetto ai quali il collaboratore scolastico si professa del tutto innocente “perché - si evidenzia - contrariamente a quanto all’esterno trapelato, non ha usato alcuna violenza nei confronti del felino, men che meno all’interno del cortile della scuola davanti ai bambini che giocavano. Il gatto è purtroppo deceduto a seguito delle ferite riportate nei diversi giorni in cui è rimasto chiuso all’interno della palestra dove ha cercato in ogni modo di guadagnarsi l’uscita sbattendo violentemente contro pareti e finestre fino a perdere totalmente il senso dell’orientamento culminato con il suo definitivo e tragico sfinimento. Il collaboratore scolastico non ha usato verso il felino alcun tipo di violenza, che non aveva neppure ragione di esistere, posto che il suo unico intento era solamente quello di aiutarlo a riacquistare la libertà perduta in modo del tutto sfortunato e occasionale”.
I fatti così come ricostruiti sarebbero stati confermati nella sostanza dagli stessi insegnanti presenti con i bambini nel cortile della scuola, “nonché - precisa l’avvocato Paparatti - dai genitori di questi ultimi che hanno anche manifestato rammarico e solidarietà per le false accuse rivolte al bidello. È chiaro che costui attenderà con pazienza e fiducia che la giustizia faccia il suo corso”.
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