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La retata con 21 arresti a Reggio Calabria, il procuratore Bombardieri: "Disinnescata una deriva di violenza"

Giovanni Bombardieri

Frizioni che avrebbero potuto portare anche a una guerra di 'ndrangheta a Reggio Calabria. Per scongiurare questa eventualità gli investigatori hanno accelerato i tempi dell’indagine sfociata oggi nell’operazione Malefix condotta dalla Polizia di Stato e coordinata dalla Dda di Reggio Calabria diretta dal procuratore capo Giovanni Bombardieri, con l’esecuzione di 21 arresti per presunti affiliati delle storiche cosche De Stefano-Tegano e Libri, operanti nella città di Reggio Calabria. Le accuse a vario titolo sono di associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione e detenzione e porto di armi da fuoco, aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa.

«L'operazione 'Malefix' contro la cosca De Stefano che ha portato agli arresti dei vertici della più potente famiglia di 'ndrangheta di Reggio Calabria, ha disinnescato una pericolosa deriva di violenza in città ed in altre parti d’Italia». A dirlo il procuratore di Reggio Giovanni Bombardieri illustrando i particolari dell’indagine che ha decapitato la storica «famiglia» di 'ndrangheta e i suoi alleati.

«Una nitida fotografia - ha proseguito Bombardieri - delle dinamiche interne, i criteri degli accordi spesso messi in discussione da Gino Molinetti, che sottolinea l’asfissiante controllo del territorio e le pressioni costanti contro gli operatori economici. Come evidenziato dalle risultanze, importanti operatori economici, conduttori o proprietari di rinomati locali di ristorazione e bar, con il loro comportamento remissivo, ritengono che pagare più tangenti a clan diversi sia male necessario in cambio di scurezza per le attività».


Il magistrato ha posto in evidenza il ruolo di Giorgio De Stefano, fratello di Giuseppe, Carmine e Dimitri, tutti figli di Paolo De Stefano, che nonostante la giovane età, interloquisce con l’ex ergastolano Alfonso Molinetti in regime di prova come cuoco in una struttura sociale della Caritas a Giugliano (Napoli), per indurlo a «richiamare» il fratello Gino e i suoi figli a «non allargarsi troppo», a non assumere iniziative non concordate con i vertici dei De Stefano in nome di un’antica amicizia e perché «abbiamo tante potenzialità, senza dover litigare».

Oggetto dello scontro imminente tra i due tronconi destefaniani, l’attività espansionistica di Gino Molinetti e dei suoi figli verso i quartieri Gallico e Gebbione con l’apertura di iniziative commerciali senza prima «tenere conto» dei capi locale e informare Carmine De Stefano. Tutti elementi che inducono anche i vertici della cosca Libri, alleata dei De Stefano, ad intervenire su Carmine De Stefano preoccupati "perché a momenti qui parte la galera».

I De Stefano, infatti, "considerano da sempre Gallico come propria diretta emanazione - ha detto Bombardieri - un affronto che i Molinetti non devono portare avanti, ed esprimono il loro allarme attraverso Giorgio De Stefano, personaggio molto noto della movida reggina e milanese, nell’incontro che questi ha con Alfonso Molinetti».

«Il più anziano dei Molinetti - ha detto Francesco Messina, direttore centrale anticrimine della Polizia - accetta le rimostranze di Giorgio De Stefano, e convoca il fratello Gino esprimendogli la pericolosità dei suoi atteggiamenti, sottolineando l’unicità della cosca De Stefano e invitandolo a riconsiderare il suo operato. Un consiglio non particolarmente gradito dal più giovane e da un altro esponente destefaniano della prima ora, Antonio «Totuccio» Serio, che come Alfonso Molinetti».

«Due episodi che rendono l’aria incandescente - ha spiegato il capo della Squadra mobile Francesco Rattà - riguardano l'estorsione plurima a Carmelo Crucitti, gestore del B'Art, il bar del Teatro comunale, e del ristorante 'Luna Ribelle', e l'iniziativa di Gino Molinetti di avviare l’apertura di una pescheria nel quartiere 'Gebbione', un locale di 'ndrangheta gestito dai Labate 'ti mangiu', senza prima avvisare la cosca di riferimento. Nel primo caso tutto viene risolto con l’intervento di Carmine De Stefano. Sulla pescheria, invece, i Labate si lamentano con i De Stefano».

«Un’operazione molto rapida - ha sottolineato il questore Maurizio Vallone - che ha permesso al gip - di convalidare la richiesta della Dda che colpisce significativamente i capi della 'ndrangheta».

«Credo - aggiunto Messina - che dinanzi a taluni personaggi di tale spessore criminale e mafioso, sia necessario implementare facilitazioni tecniche di indagine di eguale forza ed efficacia alla loro pericolosità sociale. C'è l'esigenza di approfondire ulteriormente e costantemente per tutti i condannati e indagati per reati mafiosi le attività di prevenzione. Chi fa una scelta di fare il mafioso - ha detto - non può essere trattato come un delinquente comune, non può usarsi lo stesso metro di valutazione comportamentale durante la detenzione come se fosse un detenuto qualsiasi. Innumerevoli sono infatti le prove che confermano come anche durante il regime di 41 bis, i mafiosi continuino a dare ordini e consigli a chi è fuori, come Alfonso Molinetti, fattosi cuoco in una struttura della Caritas di Giugliano».

Oltre agli arresti è stato eseguito un sequestro preventivo della società Savemich Srll con sede a Roma. Le indagini della Squadra Mobile diretta dal primo dirigente Francesco Rattà, coordinate dai sostituti procuratori antimafia Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Roberto Placido Di Palma hanno documentato frizioni tra i De Stefano e i Libri per la spartizione dei proventi delle attività estorsive in danno dei commercianti reggini e gravi contrasti interni alla stessa cosca De Stefano, con Luigi Molinetti che voleva affrancarsi dalla cosca per acquisire il locale di Gallico.

Per dirimere i contrasti interni è stato chiesto l’aiuto del fratello di Molinetti, Alfonso, il quale nonostante da ergastolano fosse in semilibertà e lavorasse come cuoco per la Caritas in Campania, ha accettato di svolgere un ruolo che gli inquirenti ritengono «strategico».

Durante le conversazioni tra l’emissario della cosca De Stefano, Giorgio De Stefano, e Alfonso Molinetti, il primo ha invitato i figli di Gino Molinetti a seguirlo a Milano «perchè c'è tanto da fare». Secondo gli inquirenti un chiaro segnale che la 'ndrangheta sta spostando anche l’ala militare verso le regioni del Nord, dove minore è la pressione investigativa delle procure antimafia. Diversi gli episodi di estorsione e tentata estorsione documentati dall’indagine, come l’estorsione ai danni dei fratelli Berna, già coinvolti nell’operazione Libro Nero, o la tentata estorsione alla ditta impegnata per il completamento del Palazzo di Giustizia e il parcheggio multipiano, fino alla ditta delle pulizia presso gli ospedali Riuniti di Reggio Calabria.

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