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Agguati e intimidazioni a Reggio: la guerra di 'ndrangheta inesplosa nel rione Gallico

La polveriera di Gallico. Proprio nel popolare quartiere dell’estrema periferia nord della città si sono registrati gli ultimi, tutti di spessore, agguati di ’ndrangheta.

Tre in poco più di un anno solare: la prima pagina di sangue risale alla sera del 15 febbraio 2018, in via Anita Garibaldi, quando fu ammazzato Pasquale Chindemi, il 53enne ausiliario dell’Atam che per gli analisti della Direzione distrettuale antimafia era «il reggente dei Condello sul territorio»; il secondo omicidio è del 14 febbraio 2019 (un anno dopo) quando il 50enne Francesco Catalano da tutti indicato, e conosciuto, come “Ciccio u bumbularo” è stato freddato mentre stava rientrando a casa al quartiere Arghillà; il terzo è il delitto dell’innocente Fortunata “Donatella” Fortugno, la donna che ha perso la vita per essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato perchè appartatasi in compagnia di un personaggio di primo piano delle ’ndrine cittadine, Demetrio Logiudice “Mimmo u boi” rimasto miracolosamente illeso dalle pistolettate.

Era il 16 marzo 2019, sul Torrente Gallico. Per quest'ultima vicenda c'è già una sentenza di primo grado: il Gup ha condannato (lo scorso 15 giugno) Paolo e Mario Chindemi (collaboratore di giustizia), nipote e zio ma soprattutto figlio e fratello di quel Pasquale Chindemi la cui uccisione avviò, portandola alle stelle, la tensione a Gallico. E di conseguenza nella “madre” Archi.

Si tratta degli stessi episodi che il pool della Dda di Reggio che ha firmato l'indagine “Malefix” - il procuratore Giovanni Bombardieri e i sostituti antimafia Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Roberto Di Palma - indicano come specchio delle fibrillazioni propedeutiche all’esplosione di una guerra di ’ndrangheta a Reggio.

Tra le chiavi di lettura che la Squadra Mobile ha fornito alla recente escalation criminale di Gallico, come rimarcato nell’ordinanza “Malefix” nel capitolo dedicato a “La strategia scissionista per il controllo di Gallico” - collegandola quale «vera ragione che animava il conflitto intestino al gruppo di Archi» connessa «alle ambizioni di Gino Molinetti di ottenere la reggenza del locale di Gallico».

Un tema che il Gip sottolinea: «Il quartiere di Gallico - come è noto - negli ultimi anni è stato teatro di gravissimi episodi delittuosi, espressione di fibrillazioni criminali ragionevolmente legate all'assenza di una stabile e definitiva leadership di ndrangheta in loco e di diversi appetiti per la conquista di quel territorio».

In una nota dei poliziotti della Squadra Mobile (del 2 aprile 2020) vengono elencati «i plurimi episodi delittuosi (omicidi, intimidazioni, danneggiamenti tramite incendio e/o esplosioni di colpi di arma da fuoco; furti di anni da fuoco, reati contro il patrimonio) perpetrati in Gallico tra il 2017 ed il 2019». Anni bui, con l’allarme sociale alle stelle.

Che Gallico fosse la conseguenza (anche) degli attriti tra Gino Molinetti e Carmine De Stefano - «la tensione che ne era scaturita aveva assunto livelli preoccupanti per l'assetto degli equilibri mafiosi reggini« chiosano gli inquirenti - lo si deduce da una conversazione intercettata tra «l'esperto Edoardo Mangiola con il capo della cosca Libri, Totò», proponendo «di tenersi a debita distanza da tali beghe interne al sodalizio arcoto, ben consapevole che un diretto coinvolgimento in simili dispute poteva esporli a gravi conseguenze giudiziarie».

E gli inquirenti valorizzano un commento a tre: «Davide: “Ma penso che hanno anche mi diceva forse che pure per i fatti di Gallico hanno litigato, dice che non gli sta bene l'amicizia con...”; Mangiola: “Totò, Totò, stiamoci lontani che prendiamo galera a palate là, sentimi...”; Libri: “Ma chi si avvicina? Mangiola: manco, manco per lavoro, non voglio sapere niente per là”. Davide: “Perché dice presto succede il manicomio. Non ti fermare con nessuno”; Mangiola: “Non ti fermare con nessuno Totò”».

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