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'Ndrangheta a Reggio, il mediatore "Totuccio" Serio e il patto di sangue con i De Stefano

Vecchia guardia. Tra gli indagati dell’operazione “Malefix” spicca il nome di Antonio “Totuccio” Serio, oggi 62enne ma per le memorie storiche della Squadra Mobile fedelissimo di lunga data della ’ndrina De Stefano. Sempre schierato con la dinastia di Archi, con don Paolo De Stefano, il “capo dei capi”, prima; e con i figli fino all’attualità.

Nel suo passato la condanna definitiva a 9 anni di reclusione per “Olimpia” e a 30 anni perché insieme a Alfonso Molinetti, altro indagato eccellente di “Malefix”, firmò l'omicidio di Bruno Fortugno, esponente dei nemici del clan Serraino. Era il 16 maggio 1989, nel cuore della seconda guerra di ’ndrangheta che avrebbe insanguinato Reggio fino al 1991; l’azione scattò sulla collinetta di San Sperato.

“Totuccio” Serio ed Alfonso Molinetti rimasero incastrati dall’arrivo di una Volante con a bordo due vecchie volpi della Polizia di Stato. L'incrocio fatale sul ponticello sito nei pressi del bivio Vinco-Pavigliana. I killer scendevano, i poliziotti salivano. Proprio “Totuccio” Serio era incollato con il piede sull’acceleratore. Gli agenti li riconobbero come «personaggi sospetti e vicini alle cosche in guerra» e li bloccarono.

Erano armati, ed in auto una copia di Gazzetta del Sud «verosimilmente utilizzata per nascondervi l'arma poco prima utilizzata per l'omicidio Fortugno, attesa la presenza sulle pagine di vistose macchie di lubrificante» annotarono nella relazione di servizio gli esperti della Scientifica. Anni ed anni di galera che si concludono il 21 novembre 2015.

Con la retata “Malefix”, Antonio “Totuccio” Serio ritorna alla ribalta nelle dinamiche di ’ndrangheta con un ruolo di diplomatico, di autorevole mediatore, di persona navigata che sa mettere pace anche tra le anime più vivaci, e rivoltose, delle cosche.

Lo stesso Gip nell’ordinanza ne tratteggia questo tipo di ruolo: «Le emergenze odierne forniscono la prova che l'odierno indagato, anche dopo la patita carcerazione ed evidentemente anche nel corso di essa, non aveva mai dismesso i suoi panni di membro storico della cosca De Stefano e, appena uscito di galera, era tornato senza soluzione di continuità a prestare la propria azione nell'interesse della cosca, svolgendo, in seno alla stessa, un ruolo tutt'altro che marginale, quale uomo di fiducia del suo capo Carmine De Stefano e quale mediatore nei momenti di fibrillazione insorti tra gli accoscati più rappresentativi».

Sarà proprio il suo prodigarsi per spegnere le velleità di Gino Molinetti, e i crescenti propositi scissionisti dalla casa madre di Archi, che inguaieranno “Totuccio” Serio. Intercettazioni, ancora una volta, fatali. Sul punto rimarca la dottoressa Tommasina Cotroneo: «Anche le odierne risultanze intercettative sono una plastica rappresentazione della intraneità ancora attuale del Serio alla struttura organizzata del quale è stato agguerritissimo killer.

Egli, senza soluzione di continuità, nonostante i trent’anni di galera, ha mantenuto fede al proprio scellerato patto di sangue con la cosca De Stefano. Fa la sua apparizione in un momento particolarmente rilevante per l'associazione criminale di appartenenza allorquando era in corso una pericolosa scissione o divaricazione del Molinetti Gino e dei figli di lui dall'apparato direttivo dei De Stefano, ai quali ultimi i primi contestavano i mancati riconoscimenti in termini anche economici».

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