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"Infiltrazioni della 'ndrangheta": amministrazione giudiziaria per una società di Siderno

La Dia di Reggio Calabria, coordinata dalla procura, ha notificato un decreto di applicazione dell’amministrazione giudiziaria emesso dal locale Tribunale - ai sensi dell’articolo 34 del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione - nei confronti della Scali Unipersonale Srl, con sede a Siderno, operante nel settore delle costruzioni edili e stradali.

Il Tribunale ha rilevato «la permeabilità della società rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata, nonché l’agevolazione stabile effettuata dalla società in favore di più soggetti legati alle locali cosche di 'ndrangheta interessate al controllo del settore dell’edilizia pubblica, attraverso una 'obiettiva commistione di interessi' tra le attività delittuose dell’agevolato e le attività, ancorché esercitate con modalità lecite, dall’impresa agevolante».

Alla luce di questi elementi, è stata disposta la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per un periodo di sei mesi, al termine dei quali il Tribunale sarà chiamato a valutare gli esiti del programma di bonifica dell’impresa stessa.

L’amministratore unico della società, già destinataria di interdittiva antimafia emessa dalla prefettura di Reggio Calabria, dopo aver impugnato dinanzi al Tar Calabria il provvedimento, aveva chiesto l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario.

E a sostegno dell’istanza, aveva prodotto argomenti volti ad affermare la propria immunità dalla ipotizzata infiltrazione mafiosa, ponendo l’accento sull'esigenza di salvaguardare i livelli occupazionali, in considerazione dell’assoluta rilevanza delle commesse pubbliche che rappresentano il 95% del volume d’affari complessivo della società.

Nell’ambito del procedimento, la procura-Dda di Reggio Calabria ha invece richiesto la più incisiva misura dell’amministrazione giudiziaria, sulla base delle risultanze investigative acquisite nei procedimenti penali relativi alle operazioni Martingala, Mandamento Jonico e Confine, ritenute nell’insieme sintomatiche di uno «stabile inserimento in un sistema di gestione illecita degli appalti pubblici, nel quale l’impresa, subendo l’aggressione predatoria mafiosa, ma conseguendo - in cambio del suo restare sistematicamente succube - la possibilità di essere riconosciuta quale affidabile interlocutore economico dei sistemi criminali che governano quei mercati, è particolarmente attiva».

I due nuovi istituti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario, introdotti con le modifiche apportate al Codice Antimafia nel 2017, sono alternativi alla misura del sequestro finalizzato alla confisca, essendo ispirati dalla necessità di rimuovere situazioni di infiltrazione e di condizionamento da parte della criminalità organizzata dalle imprese, mediante l’adozione di strumenti di controllo diretti alla bonifica e successiva restituzione dell’azienda al proprio titolare.

Quella in questione - ricorda la Dia - è una delle prime applicazioni nazionali di un recente principio fissato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in base al quale nel procedimento di ammissione al controllo giudiziario, finalizzato a stemperare gli effetti dell’interdittiva antimafia, il pm può proporre una misura di prevenzione più pregnante di quella richiesta dall’istante - che può giungere sino al sequestro - a causa del maggiore rapporto collusivo con soggetti dotati di pericolosità qualificata, emerso nel corso del procedimento.

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