Subito dopo il suo arresto il presidente di seggio Carmelo Giustra ha vuotato il sacco e ha raccontato ai magistrati come è stato alterato il voto delle ultime elezioni comunali. Giustra ha delineato uno scenario raccapricciante, dove la democrazia esce massacrata da bassi interessi di bottega. «Ogni persona che doveva venire al seggio, doveva venire con una tessera. Sicuramente non sarebbe stata la tessera di quella persona. La domenica o il lunedì, quando sarebbero venute queste persone, le dovevo fare votare». Sono le dichiarazioni rese nell’interrogatorio di garanzia da Carmelo Giustra, il presidente di seggio arrestato a dicembre assieme al consigliere comunale – poi sospeso dalla Prefettura – Nino Castorina nell’ambito dell’inchiesta sui brogli elettorali al primo turno delle elezioni comunali del 20 e 21 settembre 2020. Rispondendo alle domande del gip Stefania Rachele, del procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e del pm Paolo Petrolo, l’indagato Giustra ha parlato di un vero e proprio «accordo con Castorina» che, il venerdì prima delle elezioni, gli aveva consegnato la sua nomina a presidente di seggio direttamente nella sua segreteria politica «senza avere firmato nulla». E senza essere iscritto nell’elenco della Corte d’Appello. I voti inseriti da Giustra nell’urna, in tutto 14 solo in quel seggio, sarebbero andati a Castorina.
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