Sul “caso Miramare” restano ben salde le due tesi contrapposte - quella sostenuta dall'imputato, il sindaco Giuseppe Falcomatà, che si difende sulla regolarità dell'affidamento del Grande Albergo con affaccio mozzafiato sul Lungomare all'associazione “Il Sottoscala”; e quella prospettata dal Pubblico ministero, Walter Ignazitto, che ribadisce il quadro dell'accusa ovvero l'assegnazione del “gioiello di famiglia” all'imprenditore Paolo Zagarella (il legale rappresentante dell'associazione beneficiaria) in virtù di una corsia preferenziale giustificata dall'amicizia con il primo cittadino - ed addirittura si rafforzano in Tribunale anche dopo la seconda udienza, ieri all’Aula bunker, incentrata sull’esame nelle vesti di imputato del sindaco (e anche dal controesame-lampo del suo difensore, avvocato Marco Panella). La sintesi tra le due tesi divergenti toccherà al collegio presieduto dal Giudice Fabio Lauria.
Il Pm Ignazitto, con accanto il collega Nicola De Caria, ritorna più volte sull’intensità del rapporto Falcomatà-Zagarella. Il sindaco non arretra nemmeno quando gli si chiede una spiegazione sulla «conclusione improvvisa di decine e decine di contatti telefonici fino all'esplosione del caso, poi il silenzio» e sulla differenza tra «le centinaia di persone con cui si era legati da un rapporto di conoscenza e si incontravano alle feste e la persona, amico o conoscente che possa essere, con cui si organizzavano le feste».
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