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Gioia Tauro, disastro-tendopoli: cumuli di rifiuti, sanità al collasso e lavoro nero

Inoltre la nuova ondata di Covid ha colpito il campo container di Rosarno e anche San Ferdinando

Resta "desolante" il panorama nella piana di Gioia Tauro per i migranti: "tendopoli che si trasformano in baraccopoli, cumuli di rifiuti negli insediamenti informali come nei centri abitati, trasporti inesistenti, sanità al collasso, istituzioni impotenti e spesso commissariate, lavoro nero e grigio diffusi, settore agricolo in crisi". Si tratta della valutazione fatta da Medici per i Diritti Umani (Medu) che per l'ottavo anno consecutivo ha operato nella piana. "L'accesso alle cure - è scritto in una nota di Medu - è ostacolato da impedimenti burocratici, mancanza di informazioni, isolamento dei luoghi di vita e di lavoro. L'esercizio di diritti basilari resta precluso a molti a causa delle irregolarità contrattuali, salariali e contributive che caratterizzano in modo sistematico i rapporti di lavoro".

La seconda ondata del Covid-19, ricorda Medu, ha colpito il campo container di Rosarno e la Nuova Tendopoli di San Ferdinando, portando all'istituzione di due zone rosse, "ma le iniziative di sorveglianza epidemiologica si sono dimostrate incoerenti e scarsamente efficaci". Inoltre, sottolinea Medu, "diversi incidenti stradali hanno coinvolto i braccianti mentre in bicicletta andavo al lavoro, uno dei quali costato la vita a Gassama Gora, investito da un'automobile il 21 dicembre 2020 e lasciato a terra senza soccorso".

Le 324 persone che si sono rivolte a Medu erano giovani uomini, nel 94% dei casi regolarmente in Italia con un'età media di 32 anni e provenienti dai Paesi dell'Africa sub-sahariana occidentale. Solo il 13% dei pazienti era iscritto al Servizio sanitario nazionale e nella maggior parte dei casi le patologie riscontrate erano ascrivibili alle precarie condizioni di vita e di lavoro dei braccianti. In relazione alle condizioni lavorative, solo il 56% dei lavoratori assistiti era in possesso di un contratto e di questi solo il 52% percepiva una busta paga. In tutti i casi, le giornate lavorative in un mese non erano superiori a 10, nonostante la maggioranza dei braccianti lavorasse tra i 5 e i 7 giorni a settimana, in media 8 ore al giorno, con un compenso medio di 35 euro al giorno, oppure, in caso di lavoro "a cottimo", di 1,20 - 1,50 euro per ogni cassetta da 25 chili. (ANSA)

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