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'Ndrangheta a Reggio: "Anche il poliziotto Seby Vecchio ha sostenuto la mia latitanza"

Le ammissioni del pentito Maurizio Cortese nel processo “Theorema-Roccaforte”

Sfilata di collaboratori di giustizia nell’ultima udienza (prima di chiudere battenti per la pausa estiva) del processo “Theorema-Roccaforte”, l’ennesima retata che ha inferto un duro colpo alla cosca di ’ndrangheta Libri. Dopo Seby Vecchio anche il pentito Maurizio Cortese, un passato da capo della nuova generazione della ’ndrina Serraino, è stato interrogato dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia, Walter Ignazitto. I contenuti dell’interrogatorio sono stati trascritti in attesa del controesame del collegio difensivo fissato per il 22 settembre sempre all'Aula bunker.

Tra i temi trattati l'ultima fase della latitanza trascorsa a Reggio da Maurizio Cortese e soprattutto chi lo aiutò a sottrarsi alla rete della giustizia: «Pm: Allora, signor Cortese, Lei da quanto tempo è detenuto? Cortese: Io sono detenuto esattamente dal primo settembre del 2016. Venni arrestato, nel settembre del 2016, per un’ordinanza di custodia cautelare, per un provvedimento di esecuzione pene della Procura di Reggio Calabria, che racchiudeva anche il procedimento “Epilogo”. Pm: Viene arrestato in che contesto? Dove? Cortese: Eh, io ero latitante, mi hanno... sono stato catturato al viale Europa. La mia latitanza era favorita da Foti Gabriele. E da Labate Stefano. Pm: Ma c'erano dei soggetti che la stavano aiutando in quel periodo? Cortese: Sì, erano... chi stava favorendo la mia latitanza? Eh, Seby Vecchio, Domenico Morabito, i fratelli Filocamo. Pm: Quindi, Seby Vecchio chi era? Cortese: Seby Vecchio era un poliziotto, un politico, e anche una persona che faceva parte del mio gruppo di ‘ndrangheta, diciamo».

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