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'Ndrangheta, estorsioni con metodi mafiosi durante il lockdown: 15 arresti, anche a Reggio. Facchineri il capogruppo

Documentati accordi e pagamenti usurari, accompagnati da pressioni e pretese economiche agli imprenditori, accordi per la spartizione degli illeciti guadagni, richieste di protezione criminale e gravi situazioni di esposizione a rischio per l’incolumità individuale

Nelle prime ore del mattino, nelle province di Brescia, Milano, Reggio Calabria, Cremona e Ascoli Piceno, uomini della Polizia, dei carabinieri e della Guardia di Finanza di Brescia, coordinati dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia - hanno eseguito 15 misure cautelari nei confronti di soggetti contigui ed inseriti in contesti di criminalità organizzata di stampo ndranghetista e gravemente indiziati, a vario titolo, di usura ed estorsione commessi con metodo mafioso, nell’ambito dell’operazione «Atto finale».

L’attività degli investigatori - diretta dal sostituto Procuratore della Repubblica Roberta Panico della Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, insieme con i sostituti procuratori Erica Battaglia e Carlotta Bernardini - ha permesso di documentare, nonostante il periodo di lockdown, presunte condotte intimidatorie ed estorsive, accordi e pagamenti usurari, accompagnati da pressioni e pretese economiche agli imprenditori, accordi per la spartizione degli illeciti guadagni, richieste di protezione criminale e gravi situazioni di esposizione a rischio per l’incolumità individuale.

Un calabrese al vertice dell'organizzazione

Secondo la direzione distrettuale antimafia di Brescia che ha condotto l’indagine, il vertice del gruppo sarebbe il calabrese Vincenzo Facchineri, membro di una storica 'ndrina della provincia di Reggio Calabria, che avrebbe costruito una solida rete nel bresciano e operava per introdursi, con denaro prestato ad usura, intimidazioni e minacce, nel tessuto economico della provincia.

Il ruolo degli imprenditori

«Nel contesto sopra delineato - si legge in una nota - si inquadra anche la figura di alcuni imprenditori, in difficoltà economiche, sicuramente amplificate a causa dell’emergenza Covid-19 e del conseguente lockdown, i quali hanno avuto notevoli difficoltà nel rispettare gli impegni e le scadenze, con ciò causando il «nervosismo» di alcuni indagati, i quali con un intento intimidatorio, hanno addirittura inviato via WhatsApp la riproduzione fotografica delle abitazioni degli imprenditori».
Nel corso delle indagini, inoltre, è emerso che ulteriori soggetti, legati all’associazione di matrice 'ndranghetista, operavano nella provincia di Brescia commettendo frodi fiscali e reati di riciclaggio ed usura.
In particolare, l’attività investigativa, ancora in corso, ha ulteriormente consentito di confermare il radicamento e l’operatività della 'ndrangheta nel tessuto economico del distretto bresciano, la quale, avvalendosi, appunto, della creazione e dell’utilizzo di decine di società «cartiere» italiane ed estere, ha assicurato un vorticoso giro di fatture false per decine di milioni di euro a vantaggio di imprese locali, riuscendo così ad attuare una sofisticata e pericolosa forma di «inquinamento» dell’economia legale attraverso l’erogazione di servizi fiscali illeciti».

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