Per Reggio è uno dei giorni più brutti della sua storia. Il primo cittadino condannato per abuso d’ufficio e la consequenziale sospensione da sindaco è uno smacco per la città e per gli oltre 44mila reggini che l’avevano rieletto lo scorso anno. Ma questa (ennesima) umiliazione della città si sarebbe potuta evitare se solo il Pd fosse stato un partito vero e non un comitato elettorale che decide come spartirsi candidature e poltrone sulla pelle della città. Il Pd, infatti, si è dotato di un bellissimo “codice etico” che, però, viene usato solo come bandiera di superiorità morale rispetto agli avversari politici. Quando, invece, deve applicarlo lo fa interpretare da ignoti avvocati di chiara fama (vero Amalia Bruni?) che lo ritengono facilmente superabile. Se alla ultime Comunali, infatti, fosse “entrato in vigore” il vero codice etico del Pd nessuno dei condannati di ieri avrebbe potuto candidarsi (così come Muraca non avrebbe potuto presentarsi nelle liste per le Regionali) e oggi la città non dovrebbe pagare il prezzo salato di questa sentenza. Reggio, da ieri è una “città sospesa”. Con le istituzioni decapitate in un momento storico in cui dovrebbero essere nel massimo della loro rappresentatività e non rabberciate in corsa con “supplenti” chiamati ad adempiere a un compito difficilissimo. È chiaro che adesso si apre una fase difficilissima per la città. Falcomatà, finora, ha fatto anche da parafulmine alle varie insufficienze della macchina amministrativa e con le nomine dei due reggenti ha dato una decisa svolta al centro (Brunetti è un renziano di Iv; Versace un calendiano di Azione), che magari sarà indigesta al Partito democratico. Non dimentichiamo che Italia Viva alle ultime regionali ha votato per Occhiuto e d’incanto si ritrova a governare la città. Il rischio implosione della maggioranza è altissimo. Così come è altissimo il rischio che si svegli l’opposizione. Ma queste sono sottigliezze politiche che nulla interessano a una città che vive (e affonda) tra mille problemi quotidiani.
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