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Covid a Reggio, “i dati impongono ancora prudenza”

A colloquio con Giovanni Tripepi, epidemiologo e ricercatore del Cnr: in Calabria i numeri peggiori

Giovanni Tripepi, dirigente di ricerca dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Reggio Calabria

​Un mondo diviso tra la drammatica attualità​ degli avvenimenti che stanno interessando l’Ucraina e la pandemia che non smette di essere emergenza sanitaria globale. Così,​ all’apprensione con cui si segue l’evoluzione del conflitto sul fronte orientale,​ si unisce il lavoro continuo di ricercatori e scienziati nel monitorare con attenzione l’andamento del virus,​ soprattutto alla luce della vaccinazione di massa portata avanti anche nel nostro Paese. L’analisi della situazione con Giovanni Tripepi, epidemiologo e dirigente di ricerca presso l’Istituto di Fisiologia clinica del Cnr che ha sede al Gom. Punto di partenza è il consistente aumento della curva epidemica nel Paese.​
I dati «A partire dal 5 marzo scorso, registriamo una vera e propria inversione di tendenza che sta consolidandosi giorno dopo giorno. Nella settimana compresa tra il 5 e l’11 marzo – fa presente Tripepi – i nuovi casi a livello nazionale sono stati 319.600, un +25% rispetto ai​ 255.539 registrati nella settimana che va dal 26 febbraio al 4 marzo. Questo aumento è spiegabile da vari fattori, tra cui la protezione vaccinale che sta riducendosi nel tempo e la notevole proporzione di individui ancora senza​ protezione».
Nuova ondata epidemica ?«Non sappiamo al momento se si tratti di un colpo di coda dell’epidemia, cioè di una situazione transitoria e con effetti limitati nel tempo, oppure delle prime avvisaglie di una nuova escalation​ per la rapida diffusione della variante Omicron 2. Gli elementi al momento sono davvero pochi – ammette il ricercatore – per potere discernere tra le due situazioni e fare previsioni».
Ospedalizzazioni «Intanto una premessa, che è alla base dell’epidemiologia delle malattie infettive. Quando la diffusione del contagio si riduce, gli effetti sui principali indicatori di sanità pubblica si osservano a distanze di settimane. Perciò,​ l’attuale riduzione delle ospedalizzazioni, degli ingressi in terapia intensiva e dei decessi, di fatto riflette la situazione epidemiologica dei mesi scorsi, quando cioè l’incidenza dell’infezione era in una fase discendente. I dati attuali sui ricoveri e i deceduti non possono perciò rappresentare un elemento per abbassare la guardia in quanto – osserva Giovanni Tripepi – sono il risultato dei comportamenti e delle restrizioni delle settimane scorse. Ci vuole ancora molta pazienza; il principio di precauzione, più volte evocato anche dai non addetti ai lavori, non consiglia al momento un “liberi tutti"».

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