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Coca al porto di Gioia Tauro: "Qui numeri uno al mondo"

Nelle intercettazioni della Dda di Napoli l’ennesima ricostruzione di un sistema che conta su portuali infedeli e un funzionario compiacente

Già il gip di Reggio, nell’ordinanza sfociata nei recenti arresti dei “portuali infedeli”, li definiva «broker del narcotraffico di elevatissimo spessore criminale». Adesso Raffaele Imperiale, il “re della coca” ex latitante a Dubai, e Bartolo Bruzzaniti, il broker di Locri, tornano come figure chiave dell’inchiesta della Dda di Napoli su un vasto giro internazionale di narcotraffico che ha portato avantieri a 28 arresti. Lo scenario - ma anche molti nomi - è lo stesso nei due fascicoli. E vede ancora una volta il porto di Gioia Tauro come hub per l’arrivo e lo smistamento di enormi quantitativi di cocaina dal Sudamerica.
Punti di contatto Imperiale e Bruzzaniti, insieme a Bruno Carbone (di Napoli), altro indagato, «risultano – annota ancora il gip di Reggio – inseriti da tempo in una vasta compagine criminale». I tre, insieme ad «altri personaggi sudamericani (presumibilmente colombiani)» rimasti ignoti, controllerebbero «fonti di approvvigionamento elevatissime», che consentirebbero al gruppo di gestire le esportazioni di cocaina dalla Colombia e «pianificare una miriade di forniture del narcotico in varie parti del mondo, non soltanto in Italia». Adesso, a carico di Bruzzaniti, la Dda di Napoli contesta che, da «elemento di spicco della famiglia di ’ndrangheta Morabito-Palamara-Bruzzaniti, egemone nella “locale” di Africo», si sarebbe messo «stabilmente a disposizione dell’associazione narcotrafficante di Imperiale per il recupero degli ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina importati, via mare, dal Sud America e in arrivo presso scali portuali europei ed italiani, tra cui il porto di Gioia Tauro, attraverso l ’opera di una squadra di operatori portuali addetti alla movimentazione dei container e allo stato non compiutamente identificati, e destinata a rifornire le piazze di Gioia Tauro e Milano». Il sistema di importazione della droga sarebbe lo stesso recentemente ricostruito dalla Procura antimafia reggina. E anche in questo caso si ipotizza il contributo di un funzionario doganale infedele, che la Dda di Napoli non ha però ancora identificato.

Carichi, soldi e… Jolly

I pm napoletani accendono i riflettori su almeno due episodi di maxi-importazione di cocaina attraverso il porto di Gioia, che s’intrecciano anch’essi con i fascicoli reggini. Il primo risalirebbe al 14-16 dicembre 2020. E si tratta di un carico dal Guatemala di 1.100 panetti occultati all’interno di un container imbarcato sulla motonave Msc “Sara Elena”, per il quale i soggetti incaricati del recupero avrebbero ricevuto da Bruzzaniti, «quale compenso per l’opera resa», la somma di 5 milioni 115mila euro, «corrispondente al 15% del valore del carico recuperato». Il secondo caso sarebbe datato poco dopo, 19-23 dicembre 2020. Stavolta si parla di 800 panetti dalla Colombia sulla motonave Msc “Naomi”, finiti però sotto sequestro ad opera delle autorità doganali e della Guardia dì Finanza operanti nel porto Gioia.

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