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Gioia Tauro, la cosca dei Piromalli aspettava con ansia il ritorno di don Pino

Col superboss “Facciazza” in carcere i Piromalli hanno attraversato un momento delicato

Con la detenzione di Pino Piromalli, la cosca aveva attraversato un momento delicato rispetto al passato e solo la sua scarcerazione avrebbe conferito alla consorteria quella credibilità, che sotto il profilo mafioso, si stava perdendo. È quanto si apprende da una delle intercettazioni di “Hybris” che cristallizza anche il malcontento diffuso del sodalizio a fronte dell’allora gestione della famiglia.

Conversando con un tale “Pinuccio”, Cosimo Romagnosi classe ’83, si lascia andare a un momento di sconforto evidenziando che lui, ma i sodali in genere, stavano passando momenti di difficoltà economica e che si attendeva con ansia il ritorno del vecchio boss («Non ce la facciamo più Pino…»).

Romagnosi immaginava che Pino Piromalli avrebbe da subito recuperato il controllo totale del territorio, anche attraverso l’esercizio del racket a imprenditori e commercianti non consentendo a ditte di fuori di accaparrarsi commesse in danno dei locali («io non penso che non paga nessuno con questi negozi... non credo no... tu che pensi»; «Di lavorare... e il forestiero si deve andare a fare il lavoro nel paese suo... »; «Il lavoro ce lo dobbiamo fare anche noi che siamo di Gioia Tauro... non è che viene quello da fuori a toglierci a noi»; «C’è il porto… c’è l’inceneritore… e poi devono venire quelli della Germania di Napoli di Roma ... ecco perché non vanno avanti le persone».)

Così la riflessione di Pinuccio, che condannava la strategia di Salvatore Copelli, il quale aveva creato “posizioni di potere” dividendo gli utili illeciti solo con una ristretta cerchia di adepti («non fanno a mangiare a nessuno mangiano solo loro... hai capito... cristiani che sono... di tutti i modi miserabili e infami camminano con macchine di centomila euro e vestiti...»).

Condividendo le osservazioni di Romagnosi, Pinuccio rimarcava che, pur di operare al servizio di Pino Piromalli, era pronto a tutto: «Non valgono nessuno, allora perché ti sto dicendo se esce lui... io sono disposto anche a farmi 20 anni di galera…»

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