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'Ndrangheta a Reggio, le regole delle cosche smascherate dal processo Epicentro

Il procuratore Giovanni Bombardieri e l’aggiunto Giuseppe Lombardo

Alleati di ferro negli anni bui della seconda guerra di ’Ndrangheta, pilastri del moderno direttorio mafioso che governa gli affari nel mandamento “Centro”. Nelle motivazioni della sentenza “Epicentro” (il filone con rito abbreviato) emergono i consolidati rapporti di forza condivisi dai vertici delle cosche egemoni della città: «L'esistenza delle cosche De Stefano, Tegano e Libri risulta accertata da plurime pronunce giudiziali, passate in giudicato e non. Tali pronunciamenti contribuiscono tutti a delineare chi ne abbia assunto nel tempo i principali ruoli direttivi e ad individuarne i partecipi. Che il passato criminale si intrecci con il presente è emerso nitidamente in numerose conversazioni intercettate: si pensi al dialogo tra i fratelli Molinetti sull'importanza della storia della propria cosca, ai continui riferimenti che Antonio Libri fa a Filippo Chirico e Antonino Caridi, alla sostanziale ereditarietà dei ruoli apicali per coloro che intendano proseguire nelle attività dei padri».
Modo di operare e di relazionarsi che è anche la conseguenza di una serie di regole stabilite all'indomani della “pax mafiosa” dei primi anni Novanta: «La continuità dell'operare delle cosche si trae dall'esistenza di un apparato condiviso di regole che governano la ’ndrangheta nel suo complesso - frutto degli scontri e degli incontri avvenuti nel corso dei decenni tra le cosche reggine - e nelle identiche realtà territoriali in cui da decenni operano sempre le medesime famiglie criminali, con un controllo asfissiante esercitato dagli accoliti e finalizzato alla tempestiva individuazione delle nascenti iniziative economiche di qualsiasi natura per instaurare un immediato avvicinamento degli imprenditori e dei commercianti ed imporre loro le percentuali di “spettanza” della cosca».

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