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Reggio, dal Pakistan alle favelas: le armi di “Tamunga” ai brasiliani

La ricostruzione delle trattative per un carico di kalashnikov in cambio di cocaina. elle chat intercettate anche le fotografie del materiale per i guerriglieri

Rocco Morabito

«Non è Flamengo il vero capo»: da una favela di Rio de Janeiro Francesco Gligora, di Africo, scrive al superbroker allora latitante, suo compaesano, Rocco Morabito; è con “gli amici di Rio”, per la Dda di Reggio guerriglieri brasiliani, interessati a un carico di armi da guerra di fabbricazione ex sovietica provenienti dal Pakistan. Dall’altro capo della chat, e dell’affare, ci sono i “compari” calabresi capaci di far arrivare il carico fino al Sudamerica.
Le trattative sono ricostruite nella maxi-inchiesta “Eureka” della Direzione distrettuale antimafia di Reggio, sfociata la scorsa settimana in centinaia di arresti tra Italia, Germania e Belgio. Non solo droga, negli affari di Morabito alias “Tamunga”: in almeno un caso avrebbe trattato in prima persona l’acquisto di armi da gruppi pakistani da rivendere in Brasile, in cambio di un ingente carico di cocaina da far arrivare al porto di Gioia Tauro o, in alternativa, a Rotterdam.
I fatti risalirebbero al 2021, quando Morabito – evaso dal carcere di Montevideo – avrebbe continuato a curare i business illegali in Sudamerica. A collaborare con lui – secondo le accuse della Dda di Reggio – ci sarebbero stati i fidati Gligora e Pietro Fotia, anche lui di Africo. Morabito sarebbe stato in strettissimo contatto con i guerriglieri facenti parte di un’organizzazione paramilitare operativa nella produzione della cocaina.

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