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Da Reggio Campi a Terreti, ricostruita la fuga del “padrino” Giovanni Tegano

In Tribunale la testimonianza del dirigente di Polizia Diego Trotta, che coordinò le indagini che portarono all’arresto di Giovanni Tegano

La cattura di Giovanni Tegano

Scovato, e catturato, nella frazione collinare di Reggio, Terreti, dopo una fuga dalla giustizia lunga 17 anni. Giovanni Tegano, il boss di Archi indicato da tanti come “Il padrino” (da cui prese il nome una maxi retata ai danni della rete dei suoi fiancheggiatori) e “Uomo di pace” (come fu chiamato a viva voce da amici e familiari la mattina dell’arresto davanti alla Questura nella fasi del trasferimento in carcere a testimonianza del ruolo di saggio mediatore anche tra le cosche della città che gli veniva riconosciuto dai vertici mafiosi), cambiava spesso nascondiglio per eludere, come ben fece per oltre lustri, le ricerche dei segugi della “catturandi”. E trovando rifugio quasi sempre nel capoluogo reggino, magari in periferia, nelle frazioni collinari, lontano dalla sua roccaforte Archi.
Poco prima del blitz di contrada Badia a Terreti dove il 26 aprile 2010 i poliziotti della Squadra Mobile lo localizzarono, Giovanni Tegano avrebbe vissuto per un periodo in un'abitazione di traversa Plutino, nel quartiere Reggio Campi. A rivelarlo il primo dirigente della Polizia di Stato, Diego Trotta, all'epoca dei fatti funzionario della Squadra Mobile alla guida della sezione “criminalità organizzata” che coordinò le indagini che portarono alla cattura del super latitante. In Tribunale (il collegio è presieduto dalla dottoressa De Pasquale) il dottore Diego Trotta ha testimoniato nel dibattimento “Il padrino”, il filone processuale con rito ordinario che vede sul banco degli imputati 10 persone che rispondono con diversi profili di responsabilità e ruoli di associazione mafiosa e per aver favorito la latitanza del boss deceduto nel luglio 2021.

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