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Reggio, aggressione e botte al detenuto: «Da escludere l’ipotesi di tortura»

Oggi davanti al Gup Vincenzo Quaranta si conclude l’udienza preliminare. I difensori hanno sottolineato «l’assenza di elementi indiziari che possano giustificare l’esistenza del gravissimo delitto»

Il carcere di S. Pietro a Reggio Calabria

Verso la definizione dell'udienza preliminare inerente le presunte torture subite da un detenuto napoletano nelle carceri reggine: davanti al Gup Vincenzo Quaranta nella giornata di oggi , subito dopo le due arringhe finali - gli avvocati Antonino Curatola ed Alfredo Arcorace, difensori del principale indagato, il comandante dell'Istituto penitenziario G. Panzera-Plesso San Pietro Stefano La Cava – saranno decisi i destini processuali dei 14 indagati di cui 11 sono agenti della Polizia penitenziaria. Ieri si è invece registrata la seconda, intensa, giornata di discussioni del collegio di difesa. Tema centrale e condiviso dai penalisti «l'insussistenza del reato di tortura», scontrandosi con lo scenario d'accusa sostenuto dal Pubblico ministero Sara Prezzan.
Tra i primi ad intervenire l’avvocato Renato Russo che si è soffermato «sulla configurazione giuridica del reato di tortura e gli elementi che dovrebbero comprovarne la commissione. Deludente l’esito del rinvio a giudizio perché darebbe l’abbrivio ad una futura legittimazione di condotte dei detenuti irrispettose delle regole carcerarie, il che produrrebbe un danno sociale al quale non è possibile rimediare neppure con la sofisticazione culturalmente povera dei doveri del detenuto in improbabili suoi diritti di dettare legge in carcere». L'avvocato Marco Gemelli ha puntato l'attenzione «sull'assenza di elementi indiziari significativi che potessero giustificare l'esistenza del gravissimo delitto di tortura contestato, attesa la situazione di fibrillazione causata dal comportamento della persona offesa».

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