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Reggio, organizzazione e “guardianie” per blindare gli affari della droga

Operazione “Sbarre”: i motivi della sentenza contro la gang dello spaccio

Dai sospetti alle conferme investigative: era perfettamente operativa, con un incessante via-vai di acquirenti, la piazza dello spaccio a cielo aperto tra i ruderi e le sterpaglie ad altezza uomo degli ex rioni Guarna e Caridi. Affari di droga, cocaina e marijuana soprattutto, che ha portato alla condanna, anche pesanti, per capi e gregari della gang incastrata con la retata “Sbarre”. Il Gup ha reso noti i motivi della decisione partendo proprio dall'individuazione del quartiere generale: «L'individuazione della piazza di spaccio e delle basi logistiche si rinviene nelle dichiarazioni di P. S, il quale nell'attività di “spionaggio” dei suoi pusher aveva modo di carpire informazioni utili ad individuare i luoghi in cui venivano nascoste le riserve di droga».
Nei pressi della chiesa Ortodossa, è recisa la mappatura dei segugi dell'Arma: «L’associazione dedita al narcotraffico avesse collocato la propria centrale di spaccio in una zona delimitata e conosciuta come “Rione Guarna - Chiesa Ortodossa - Rione Caridi”, compresa tra la via Sbarre Centrali e il viale Calabria, più precisamente nel “vico Sant' Anna”. Le perimetrazione della piazza di spaccio ha poi trovato plastica riprova nelle immagini catturate dagli impianti di videosorveglianza installati ad hoc, che hanno consentito di monitorare in itinere plurimi episodi di cessione, così procedendo al sequestro di alcuni quantitativi di droga oltre che all'arresto in flagranza di reato di alcuni degli imputati».

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