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Reggio, trasferito da Arghillà a Paola. Così il detenuto si tolse la vita

La drammatica vicenda ripercorsa nel processo all’ex direttrice Maria Carmela Longo

Ipotesi d’accusa pesanti come un macigno ma anche contestazioni secondarie a carico dell'ex direttrice delle carceri reggine, la dottoressa Maria Carmela Longo. Tra le vicende al centro dell'accusa anche il trasferimento di un detenuto dall'istituto di Arghillà a Cosenza, dove il reggino si suicidò per le stesse incompatibilità ambientali denunciate prima della nuova destinazione. Un tema affrontato dalla difesa della dottoressa Longo, l'avvocato Giacomo Iaria, nel lungo, quanto vibrante, controesame (verbale di udienza del 1 giugno) del principali teste del Pubblico ministero, l'assistente capo Gianni Chiapparella, appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria impiegato presso il Nucleo investigativo centrale di Roma.

Avvocato Iaria: «Riguardo la vicenda del detenuto; tristissima vicenda, non si è verificato al carcere di Arghillà, ma al carcere di Paola, però, per quanto è a sua conoscenza, voi avete acquisito dei verbali di dichiarazioni quando era detenuto presso il carcere di Arghillà? Cioè esiste una nota che ha preceduto il trasferimento, che ci fu effettivamente dal carcere di Arghillà a Paola?». Chiapparella: «No». Iaria: «Quindi possiamo dire che il trasferimento dal carcere di Arghillà al carcere di Paola non fu determinato da nessuna ragione particolare». Chiapparella: «Come ci dice il padre, è stato minacciato da…». Iaria: «No, no, no, lasci…». Chiapparella: «Eh, no! Eh, no! Eh, no!». Iaria: «Il dato intercettivo è noto, io le sto chiedendo una cosa diversa: Lei, in qualità di investigatore, dico, ha accertato documentalmente…».

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